La guerra, la pace, l’equidistanza ed il tradimento sono concetti che si rincorrono e si accavallano in questi giorni quando si parla di Ucraina e Russia. Il conflitto sta acuendo le posizioni in campo. Anche a commentarlo bisogna stare molto attenti perché si rischia di essere affibbiati ad una o all’altra fazione come simpatizzanti in battere di ciglia.
In verità, basta guardare i TG nazionali e leggere i giornali o seguire sul web, il racconto è abbastanza a senso unico e quei pochi che dissentono subiscono una gogna mediatica davvero imponente. Cercare una lettura che indichi una terza via fra le partigianerie è diventato molto rischioso.
Parlare di guerra e di pace, anche con un banale accenno soltanto ad una “pretesa” di equidistanza, fa scattare l’accusa di tradimento. Si, tradimento della Patria per Russi o Ucraini e tradimento della democrazia e della pace atlantica per chi è fuori da quei Paesi.
Il prof. Carlo Rovelli esprime i concetti a noi più cari sulla guerra
Il prof. Carlo Rovelli, fisico italiano di fama mondiale, esprime bene, nella sua partecipazione al programma RAI Le Parole della settimana, alcuni dei i concetti a noi più cari su questa guerra.
Concetti che più e più volte abbiamo ripetuto nel corso delle scorse settimane. La ricerca di un’oggettività come elemento mancante del racconto.
E’ un caso raro che venga permesso tranquillamente, a chi argomenta come Rovelli, di finire il proprio ragionamento e di questo va dato atto al conduttore Massimo Gramellini ed all’ospite in studio Andrea Vianello reduce dall’Ucraina.
Concetti difficili per una realtà difficile
Non sono concetti facili quelli che esprime il fisico, lo sappiamo benissimo, ma è il momento di uscire dalla marmellata mediatica ed informativa che ci viene propinata tutti i giorni. I fatti di sangue di questa guerra fanno rabbrividire e le immagini che indugiano sui cadaveri per strada fanno rimanere basiti ogni volta di più.
La pantomima simil-giornalistica di inviati che rovistano a piene mani nel dolore che la guerra produce, magari con il tono di voce abbassato ad arte mentre l’obiettivo del cameraman cerca d’intrufolarsi in ogni anfratto di case diroccate e distruzione di ogni genere, è inutile e patetica all’inverosimile.
C’è bisogno di chi esca dal coro, senza negare nulla ma sottolineando forte e chiaro che la guerra non ci appartiene né ora né mai. La risoluzione armata non era ammissibile in Iraq e in Afghanistan e non lo è in Ucraina. I giochi di potere sulla testa delle popolazioni irretite dalla dialettica manichea dei buoni contro i cattivi non è stata mai accettabile e mai lo sarà.
La pace come unico obiettivo e come negazione della guerra
La pace come unico obiettivo e come negazione della guerra, anche se contemplasse il tradimento; si anche il tradimento delle idee di ineluttabile sopraffazione degli uni sugli altri. Sognatori, dirà sicuramente qualcuno. Fuori dalla realtà, argomenteranno altri. Si lo siamo, ma anche molto pragmatici però.
La logica della guerra e dello schieramento – o con mamma o con papà – non ci appartiene. Le controversie possono esistere e vanno risolte, mai con la guerra. Solo se ci si rifiuterà di combatterla questa guerra, ma tutte le guerre sia chiaro, si potrà pensare di fermarla.
Non è l’equidistanza dalle parti è l’equidistanza dalla guerra quella che propugniamo apertamente e senza infingimenti di alcun tipo. Non è alimentando il fuoco con la benzina che, come sottolineava Rovelli stanno facendo Unione Europea e USA, si porrà mai fine al conflitto in essere. Si parteciperà solo al puerile gioco di chi ce l’ha più lungo. Se porvi fine è tradimento allora viva il tradimento di civili, soldati e generali!
La domanda vera è e resta: ma c’è davvero qualcuno che questa guerra la vuole fermare, magari pensando anche agli altri mille conflitti dislocati nel mondo?