La giustizia britannica ha respinto la contestata istanza di estradizione negli Usa di Julian Assange, dove il fondatore australiano di WikiLeaks è accusato di spionaggio e pirateria per aver contribuito a svelare file riservati americani relativi fra l’altro a crimini di guerra in Afghanistan e Iraq. A emettere il verdetto, a sorpresa rispetto alle attese, è stata la giudice Vanessa Baraister. Assange, che Oltreoceano rischiava una condanna a 175 anni, sarebbe a rischio di suicidio, ha decretato la giudice.
Le motivazioni per la mancata estradizione di Julian Assange negli USA
La giudice Vanessa Baraister nel verdetto letto nella sede della corte londinese di Old Baileys e accolto dalle lacrime di Stella Morris, compagna dell’attivista australiano, e dal suo abbraccio in aula con Kristinn Hrafnsson, attuale direttore di WikiLeaks. Baraister si è detta persuasa della “buona fede” degli inquirenti americani e ha respinto le contestazioni della difesa contro i timori di un processo iniquo Oltreoceano. Ma ha negato comunque l’estradizione, definendo insufficienti le garanzie date dalle autorità di Washington a tutela dal pericolo di un eventuale tentativo di suicidio del fondatore di WikiLeaks.
Washington farà ricorso, Messico offre asilo
Il governo di Washington ha ora 14 giorni di tempo per ricorrere contro la sentenza e il rappresentate legale dell’ambasciata Usa. Intanto la difesa dell’hacker australiano ha fatto sapere che chiederà la libertà su cauzione del suo cliente. Gli Usa esprimono delusione per la mancata estradizione, mentre il Messico si dice disponibile a concedere l’asilo politico.
La storia
Il 49enne attivista australiano – detenuto da mesi in stato di carcerazione cautelare, e in condizioni di salute precarie secondo alcuni medici, nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, alle porte di Londra – è accusato dalle autorità americane di violazione dello Espionage Act, contestato per la prima volta in un caso di pubblicazione di documenti riservati sui media e di presunta complicità in pirateria informatica con l’ex militare Chelsea Manning, per aver contribuito a svelare dal 2010 imbarazzanti file segreti di Washington.
La compagna di Julian, l’avvocata sudafricana dei diritti umani Stella Morris, che gli ha dato due figli nei 7 anni da lui trascorsi da rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, è stata fra i primi stamane ad arrivare in aula: ieri ha bollato la possibile estradizione come “politicamente e legalmente disastrosa” per la reputazione del Regno Unito. Lo stesso ha detto Kristinn Hrafnsson, giornalista investigativo islandese e attuale direttore di WikiLeaks; e denunce contro la detenzione e il procedimento legale a cui è sottoposto Assange sono venute da Amnesty International, Reporters Sans Frontières, da una commissione Onu, nonché da figure pubbliche, politici, celebrità, sostenitori dell’ex primula rossa australiana.