Si è conclusa la settimana scorsa la 72° Mostra del Cinema di Venezia. Tra i premi assegnati dalla giuria, la Coppa Volpi all’italiana Valeria Golino per il film Per amor vostro. Ed è italiano anche il regista scelto da Cinefago per concludere la panoramica sui giurati di quest’anno: l’autore del pluripremiato Anime Nere, Francesco Munzi.
E’ praticamente il film italiano del 2014 Anime Nere: nove David di Donatello, tre premi a Venezia, e soprattutto, maggiore cartina di torna sole, un’accoglienza internazionale che ha permesso al film di essere distribuito in diversi paesi nel mondo. Sulla scìa dell’interesse mediaticamente tornato in auge per i racconti della malavita organizzata, Munzi ci mostra uno spaccato calabrese di questo tipo, privilegiando però, più che l’aspetto puramente di azione, quello psicologico all’interno di relazioni familiari in cui è stata cruciale e azzeccatissima la scelta degli attori.
Luigi (Marco Leonardi), Rocco (Peppino Mazzotta), e Luciano (Fabrizio Ferracane) sono tre fratelli calabresi appartenenti ad una famiglia che da anni è coinvolta nella criminalità organizzata in Aspromonte. Luigi è ancora attivo nel traffico di droga, Rocco, apparentemente emancipato, gestisce società con denaro sporco, e Luciano è rimasto al paese nell’illusione di poter vivere fuori da queste dinamiche, coltivando la terra e allevando bestiame. Leo, il figlio di Luciano, raggiunta la maggiore età, è affascinato dalla posizione, dal prestigio e soprattutto dalla ricchezza degli zii, e vuole far parte del loro gruppo di “lavoro”. Un episodio scatenante causato proprio dal giovane Leo darà vita allo sgretolamento della famiglia.
Terzo lungometraggio di Munzi, Anime Nere è una pellicola curata in ogni linguaggio. Interessantissimi ad esempio le interpretazioni e i volti dei protagonisti, che esaltati da una fotografia che partecipa esplicitamente al racconto, mostrano tutti i chiaroscuri di un mondo interiore contraddittorio e segnato da un doloroso aspetto di realtà, radicata dentro mentalità e sistemi sociali inestricabili. La storia mostra innanzitutto due aspetti della criminalità contemporanea: quella più istintiva e feroce, rappresentata dal fratello Luigi (idolo del giovane Leo) che non nasconde la sua posizione “militante” nell’idea di rispetto e controllo del territorio, concependo anche e soprattutto la violenza risolutrice di conflitti; Rocco invece predilige un approccio più discreto e sotterraneo, quello d’altronde, che ha permesso alle associazioni a delinquere di penetrare dentro il sistema legale, attraverso giri d’affari apparentemente legittimi. Luciano rappresenta infine un impotente rifiuto di queste origini, ha rinunciato ad ogni ambizione di potere in nome di una vita semplice e tranquilla, senza però riuscire a trasmettere al figlio l’efficacia di un modo alternativo di vivere, quello onesto. Alla fine di un vortice di vendette incrociate, Luciano compirà un gesto estremo per porre fine al dolore che ha pervaso la famiglia per generazioni.