Il 27 gennaio del 1945, esattamente 70 anni fa, lo sguardo attonito ed addolorato del mondo intero si fissava sul campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. L’Armata rossa sovietica lo aveva finalmente liberato dal dominio dei nazisti, ma dagli efferati delitti perpetrati ai danni dei “nemici del regime”, ebrei, zingari o omosessuali che fossero, si passò ad un altro orrore. Ci riferiamo al lacerante spettacolo che si svelò agli occhi di coloro che varcarono i famosi cancelli, immagini che arrivarono presto ovunque, rimanendo marcate a fuoco nelle nostre menti. 7mila prigionieri, quelli abbandonati dai nazisti perché considerati malati, erano ancora in vita. Ma poi, tra indumenti e scarpe abbandonati, oggetti vari appartenuti ai prigionieri e otto tonnellate di capelli umani imballati e pronti per il trasporto, tutto il resto gridava morte, barbarie, annullamento della dignità umana. E quel resto si contava in un numero compreso tra 1.100.000 e 1.500.000. Sì, perchè in questo caso, in una maniera che potrà apparire fredda solo ad un osservatore superficiale, abbiamo l’obbligo morale di riportare le cifre.
Dieci anni fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha voluto così che il 27 gennaio diventasse, ufficialmente e ancora più fortemente, una data di risonanza internazionale, fregiandola come “Giornata della Memoria”. Da allora eventi mirati, mostre, piccole e grandi cerimonie riempiono questo giorno con un intento reiterato nel tempo: ricordare è doveroso.
Anche quest’anno Napoli si propone di apportare il suo contributo per rendere un significativo omaggio alle vittime dell’Olocausto. E lo farà con un ricco programma che si muove tra storia passata e la necessità di un presente che vuole continuare a smuovere le coscienze delle nuove generazioni, grazie soprattutto alle innumerevoli testimonianze dei sopravvissuti.
Il 2015 si è inaugurato proprio nel segno della Memoria, con l’esposizione “Comunità Ebraica di Napoli: 150 anni di storia” sulle vicende del popolo ebraico in città, prima del suo formale riconoscimento ufficiale del 1864 da parte delle istituzioni. Visitabile unicamente di lunedì e giovedì presso il chiostro del Platano all’Archivio di Stato, la mostra comprende varie sezioni, tra cui quella sulle Leggi razziali, una vera e propria legislazione antiebraica promulgata a seguito della stretta alleanza tra Mussolini e Hitler. Qui trovate il testo del manifesto, apparso il 5 agosto 1938 sulla rivista “La difesa della razza”.
Martedì 27 gennaio, nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, alle ore 10 si potrà assistere alla tradizionale consegna delle “Stelle di David”, una cerimonia in onore delle vittime e dei testimoni dell’Olocausto, ma anche un riconoscimento a persone che hanno assunto un ruolo di spicco nella battaglia all’emarginazione, come Tullio Foa, un ex alunno della scuola elementare statale “Luigi Vanvitelli” dove c’era una classe speciale “per fanciulli ebrei”.
Al Vomero invece, le celebrazioni per la Giornata della Memoria inizieranno nella sala consiliare “Silvia Ruotolo”, a via Morghen. Alle 10 si svolgerà una cerimonia a cura delle commissioni Cultura e Politiche scolastiche, in collaborazione con la Comunità ebraica e la libreria “Iocisto”. Il tributo sarà per il piccolo Sergio De Simone, il quale venne deportato ad Auschwitz, insieme alle cuginette Alessandra e Tatiana, all’età di soli 6 anni. Mentre queste si salvarono, il piccolo, a seguito di atroci esperimenti medici, fu ucciso ad Amburgo con altri 19 bambini. A mezzogiorno inoltre, alla presenza del sindaco De Magistris, ci sarà la deposizione di una “Targa del ricordo” proprio davanti a quella che fu la casa dei De Simone, in via Morghen 65.
Sempre Martedì 27, a partire dalle 9.30, anche l’Università Federico II dedicherà una giornata di convegni al tema “Auschwitz e la crisi dell’identità europea”, con la presenza straordinaria di Pierluigi Campagnano e Umberto Piperno, rispettivamente presidente e rabbino della Comunità ebraica di Napoli. Seguirà una lectio magistralis di Pier Paolo Portinaro, docente di Storia delle Dottrine politiche all’università di Torino, intitolata “La memoria dei genocidi. Non solo Auschwitz”. La tavola rotonda “(R)esistere ancora” chiuderà gli appuntamenti accademici.
Giovedì 29 gennaio sarà invece la volta della conferenza “I Giusti: tra retorica, revisionismo e verità storica”, presieduta dal Questore Guido Maria Marino, presso la caserma Iovino sita in via Medina. Protagonista indiscussa la figura del giovane poliziotto irpino Giovanni Palatucci che morì a soli 36 anni e che alcuni ricorderanno come “lo Schindler italiano“. Pare che gli debbano la vita 5mila ebrei che grazie a lui sarebbero riusciti a salvarsi dalla deportazione in terra tedesca. Arrestato e poi internato nel campo di Dachau, Palatucci vi morì di stenti poco prima che venisse liberato. Abbiamo usato il condizionale perché una ricerca condotta dal Centro Primo Levi nel 2013 ne fece emergere dettagli del tutto discordanti con la visione ufficialmente accreditata, visto che alcuni documenti avallerebbero addirittura una collaborazione del poliziotto con gli stessi nazisti.
Venerdì 30 gennaio, alle ore 18, il contributo sulla Shoah verrà dato dalla “Casa Comune delle Diversità”, con Il “Gruppo Giovani” del Comitato Arcigay “Antinoo” e il Circolo Arcilesbica Napoli “Le Maree” che ricorderanno le centinaia di migliaia omosessuali fatti morire nei campi di concentramento. Presenzieranno tra gli altri il Presidente dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) e Gennaro Morgese, figlio di Maddalena Cerasuolo, eroina delle Quattro giornate di Napoli, la quale lottò contro i guastatori tedeschi per impedire che venisse distrutto il ponte della Sanità.
Per finire, domenica 1 febbraio la sala consiliare Ruotolo ospiterà, a partire dalle ore 10, la proiezione di un documentario storico a cura di Ersilia Di Palo, ed un concerto di musica ebraica.