Il tempo passa ma le vecchie usanze sono dure a morire. Viviamo nell’era della globalizzazione dove la tecnologia, la finanza e il consumismo la fanno da padrone. I nostri ritmi sono febbrili, la nostra vita iper-accelerata eppure, in alcune parti del mondo, tra il tran tran e la frenesia del quotidiano, si ripercorrono inconsapevolmente vecchie abitudini, riti ancestrali che appartengono ad un periodo in cui la vita scorreva lenta, cadenzata, in perfetta armonia con la natura e la ciclicità delle stagioni.
Ritorniamo in Campania e facciamo una breve tappa in una città di provincia, Nola. Perché proprio Nola? Perché è la patria della Festa dei Gigli, una manifestazione che conserva antichi rituali propri delle antiche feste dionisiache. La Festa dei Gigli, orgoglio di tutti i campani, mantiene viva una tradizione popolare che è diventata patrimonio dell’Unesco nel 2013 e che si trasforma per la città in continue sfide e grandi opportunità.
La festa si svolge ogni anno, la domenica dopo il 22 giugno. Si tratta di una festa cattolica che si celebra in occasione della festa patronale di San Paolino. Secondo la tradizione la festa trae origine da un racconto che i nolani si tramandano oralmente da decenni . Secondo la leggenda, nel V sec. d.C , il re dei visigoti Alarico I per arrivare a Reggio e conquistare l’Africa, si fermò a Nola e Capua saccheggiandole e sottomettendole. Il vescovo di Nola, Paolino, elargì tutti i suoi averi per sollevare i nolani e quando una madre gli si rivolse per chiedere danaro per il proprio figlio fatto schiavo dal genero del re dei vandali, Polino vendette se stesso. Disse alla donna che poteva venderlo come schiavo e che con il danaro ricevuto avrebbe potuto riscattare suo figlio. Così accadde e Paolino venne trasferito in Africa , divenendo il giardiniere del proprio padrone. Paolino, però, non potè nascondere a lungo la sua identità e quando predisse la morte del re dei vandali (che avvenne poco dopo), fu liberato insieme agli altri schiavi e riportato a Nola su una nave ricca di frumento. Al suo ritorno in patria Paolino fu accolto dal popolo con una pioggia di fiori (i gigli) e da quel momento, ogni anno, si ricorda quell’evento con una festa in suo onore.
La manifestazione è molto emozionante e coinvolge tutta la comunità. La musica e la danza accompagnano ogni momento della celebrazione. Durante la processione sfilano otto gigli rappresentati da enormi obelischi di legno alti 25 metri e pesanti 40 quintali portati in spalla da 150 persone (i “collatori”). I gigli prendono il nome delle antiche corporazioni delle arti e mestieri del 1500 (ortolano, salumiere, bettoliere, panettiere, beccaio, calzolaio, fabbro e sarto) e durante la sfilata seguono un ordine molto rigido e immutabile.
Non solo l’ordine della sfilata è rigido ma anche quello del percorso, che ormai è lo stesso dal 1500 e guai a modificarlo! La festa è quasi tutta gestita dai comitati laici e nonostante la si identifichi con una festa cristiana e religiosa, la componente folkloristica e pagana sembra che prenda il sopravvento. L’indipendenza della Festa dei Gigli dal rituale della Chiesta cattolica si palesa anche nel percorso che fa la processione dei gigli e quella di san Paolino. L’itinerario che fanno i gigli è un itinerario fisso e tocca prevalentemente il centro storico; la processione del santo invece si allarga a gran parte della città e può subire delle variazioni a seconda delle occasioni.
Il percorso dei gigli non è altro che una gara a tappe nella quale ogni giglio si deve esibire in sfide di abilità che poi subiranno il verdetto dei giudici dei comitati dei festeggiamenti. Ai vincitori verrà assegnato un trofeo che sarà motivo di orgoglio e gioia per tutta la comunità. La festa dei gigli è molto sentita dal popolo nolano e i partecipanti si preparano con impegno e devozione tutto l’anno.
Le prime fonti storiche sulla festa di San Paolino risalgono al 1500 e sono raccontate dallo storico nolano Ambrogio Leone. Egli parla di grande torcia simile ad colonna accesa e adorna di spighe di grano, il cosiddetto “cereo”, portato in spalla durante la processione del Santo e realizzato col denaro dei contadini e degli artigiani. Questa processione si svolgeva per le strade della città, come accade oggi, e ogni arte o mestiere vi prendeva parte realizzando il proprio cereo. Il corteo terminava con il vescovo e con le reliquie della Croce e del Santo.
Nonostante la prima descrizione della festa di San Paolino risalga al 1500, alcuni studiosi moderni ravvisano molti richiami ad alcuni culti agrari addirittura precristiani. Nel cero e negli stessi gigli infatti, si palesano evidenti simbolici fallici che richiamano antichi riti pagani di fertilità durante i quali si portavano in processione per buon auspicio, grandi alberi sacrali (simboli di fertilità) nel periodo del solstizio d’estate.
Inoltre, secondo l’interpretazione di Franco Manganelli , le antiche corporazioni presenti nella Festa dei Gigli non sono altro che residui di antiche affiliazioni misteriche di cui si sono perse le tracce ma che possono essere ravvisate nelle danze frenetiche che richiamano i movimenti orgiastici (delle feste dionisiache o dei Saturnalia), o nel “cero” che come abbiamo detto poc’anzi, era considerato un simbolo di fertilità legato al rito propiziatorio primaverile, oppure ancora all’intreccio tra Vita e Morte, simboleggiato da mazzi di fiori e cornucopie che in passato i fedeli donavano al santo accanto ai gigli e che sono simboli di abbondanza e rinascita. Rinascita? Vi ricorda qualcosa? forse Dioniso, simbolo della duplicità di tutte le manifestazioni tra cui quella della Vita e della Morte? Forse…
E’ interessante notare come i nolani siano profondamente legati a questa manifestazione e come reagirono ad una interpretazione a loro avviso distorta chei media diedero della Festa dei Gigli. Il documentario “La festa felice”1 , realizzato nel 1980 da Gabriele Palmieri, scosse profondamente l’animo dei nolani proprio in riferimento al richiamo degli antichi culti misterici. La popolazione non gradì i riferimenti alla sfera sessuale e alla simbologia fallica presenti nel video, denunciando la RAI e rifiutando la messa in onda nazionale del documentario. Il video non venne trasmesso subito ma solo dopo due anni, in un giorno d’estate in cui, pare, che la città fosse semivuota a causa delle vacanze estive… Pochi nolani dunque videro il video e anche se oggi il documentario è fruibile ai più, molti i continuano a rifiutarlo e a non riconoscersi in quella scandalosa interpretazione di una festa da sempre vissuta come “sacra”.
Il nostro viaggio alla riscoperta del vino prosegue e ci porta…
[1] Video disponibile su youtube (https://www.youtube.com/watch?v=cM1lBUa8rAY)
Fonti:
FRANCO SALERNO, La vita, la festa e la morte, culti popolari in Campania, 2000, ed. Altrastampa
http://www.fondazionefestadeigigli.it/festa-dei-gigli/tradizione/
KATIA BALLACCHINO, Etnografia di una passione, i Gigli di Nola tra patrimonializzazione e mutamento ai tempi dell’UNESCO, ed. Armando
https://www.youtube.com/watch?v=cM1lBUa8rAY