La cura del plasma per il Covid 19 sembra funzionare: diverse sono le persone guarite, tra le quali una donna incinta. La sperimentazione, supportata da un iter meticoloso, è ancora in corso e i medici sono cauti ma i risultati raggiunti sono incoraggianti. D’altronde replica una prassi già utilizzata con successo contro l’Ebola e la Sars. Restano sempre valide, comunque, le linee guida del governo per evitare il contagio.
La ricerca della cura per il Coronavirus
In attesa che arrivi il vaccino, ammesso che sia possibile averne uno, la ricerca di una cura per il Covid 19 è un fattore di primaria importanza. Nelle prime fasi della pandemia, le cure somministrate ai pazienti hanno seguito una logica per lo più intuitiva basata sulla somiglianza del virus con l’omologo dell’HIV e si sono rivelati efficaci anche i farmaci contro la malaria. Il trattamento con il Tocivid-19, un farmaco anti artrite, giunto in un secondo momento, ha ampliato il ventaglio delle opzioni. Il passo seguente lo ha compiuto la sierologia partendo dagli anticorpi al Covid 19.
La cura del plasma per il Covid 19: come funziona
A questo punto della pandemia, con un numero considerevole di persone guarite, abbiamo a disposizione un ulteriore strumento di cura: il sangue. I pazienti che hanno contratto il Covid 19 e che sono guariti hanno sviluppato nel proprio organismo gli anticorpi alla malattia. La loro presenza all’interno di un organismo si evidenzia attraverso un esame del sangue e lo stesso sangue diventa il veicolo attraverso il quale poter trasferire i suddetti anticorpi da un organismo all’altro. La procedura, com’è facile immaginare, è un po’ più articolata. Dopo aver prelevato il sangue e rilevato la presenza degli anticorpi, si separa il plasma, che è la componente liquida, dalle altre parti, si effettuano degli esami per accertarne la sicurezza, quindi si inietta nei soggetti ammalati. I risultati si vedono già nel giro di qualche ora ma è importante intervenire con questo protocollo in un momento preciso del decorso della malattia. Subito prima, cioè, che si verifichi l’aggravamento che rende irreversibile l’andamento dell’infezione.
I primi risultati del protocollo
La cura del Covid 19 con il plasma è attualmente in sperimentazione, tra gli altri, presso il Policlinico San Matteo di Pavia e l’Ospedale Carlo Poma di Mantova. Il dott. Massimo Franchini, responsabile dell’Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’ospedale mantovano, parla di risultati singoli sorprendenti e sottolinea come il protocollo sia molto impegnativo a partire dalla selezione dei donatori: “da 100 potenziali candidati non ne ricaviamo più di 30 adatti. Questo perché dobbiamo avere pazienti guariti da almeno 2 settimane e con tamponi negativi, che non abbiamo co-morbidità e siano idonei a donare il plasma“. L’utilizzo del cosiddetto “plasma convalescente” per la cura delle infezioni virali non è una prassi nuova. E’ stata utilizzata con successo per esempio nel 2002 contro la Sars e nel 2012 contro la Mers.
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