Un dato sorprendente, inatteso. La Campania ci stupisce attuando una vera e propria rivoluzione geografica. L’industria della cultura produce il 4,4% di valore aggiunto, incidendo per il 4,5% sul mercato del lavoro. Questi sono i dati emersi dal Rapporto 2014: Io sono cultura- l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Il progetto è stato elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere insieme al sostegno dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche. In relazione alle regioni italiane e facendo riferimento al valore aggiunto, quella della Campania risulta una percentuale superiore rispetto a Puglia (2,4 mld, 3,9%); Calabria ( 1,06 mld, 3,7%); Sicilia (2,4 mld, 3,4%). Dal punto di vista occupazionale i dati parlano chiaro: il sistema produttivo culturale fornisce lavoro a 74 mila addetti (4,5% totali). Percentuali boom e crisi messa alle strette, la cultura sembra essere la chiave risolutiva di questa congiuntura sfavorevole nonché la possibilità di utilizzare le risorse disponibili sul territorio e renderle note al turismo. Se si prende in considerazione l’incidenza della spesa turistica nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza, l’incidenza dell’industria culturale in Campania è pari al 29,7%, in Puglia 32,6%, Calabria 32,9%, in Sicilia 26, 2%.
Addentrandoci nelle province campane e dunque nelle economie locali, possiamo notare che Benevento costituisce la provincia culturalmente più produttiva con una percentuale del 6,1; la seconda è Avellino 6%, a seguire Salerno 4,6%, la quarta è Napoli con il 4,2% per concludere con Caserta 3,8%. Tuttavia, mentre Benevento e Avellino si collocano al di sopra del tasso medio di incidenza nazionale (5,4%), Salerno, Napoli e Caserta non superano il tasso medio di incidenza nazionale nonostante posseggano un patrimonio artistico e culturale di notevole importanza. I numeri ci dicono che non siamo capaci di ottimizzare e valorizzare le notevoli risorse artistiche e culturali di cui siamo in possesso nell’ottica di produrre ricchezza e posti di lavoro come, invece,riescono a fare in altre regioni anche meno competitive da questo punto di visto – dichiara il presidente di Ance Salerno Antonio Lombardi.
Se analizziamo il tasso di incidenza occupazionale nelle province prima esaminate , Avellino è in pole position nella classifica campana ponendosi al 15esimo posto seguita da Benevento (5,4%), Salerno (4,6%), Napoli (4,3%), Caserta (3,6%), anche in questo caso, Napoli e Caserta si trovano al di sotto della media nazionale. La filiera delle varie industrie- afferma Lombardi – risente della generale mancanza di una visione strategica che caratterizza le istituzioni della Campania. E’ una valutazione che investe tutti gli anelli delle competenze amministrative e gestionali, e che, nello stesso tempo, evidenzia u contesto poco favorevole alla crescita imprenditoriale anche in un ambito così strategico come quello dell’offerta culturale nel suo complesso.
Sotto il profilo del peso percentuale delle imprese del sistema produttivo culturale in Campania, l’incidenza è sempre inferiore alla media nazionale (7,3%): Avellino (6,9%); Napoli (6,2%); Salerno (6,1%); Benevento (5,2%); Caserta (4,5%). Il Centro utilizza meglio le proprie risorse culturali con una produzione di valore aggiunto di 18,7 miliardi di euro, equivalenti al 6,2% del totale della locale economia. Seguono il Nord-Ovest, che attraverso l’industria culturale crea ricchezza per oltre 26 miliardi di euro, il 5,8% della propria economia, e il Nord-Est, che si attesta a 17,3 miliardi (5,4%). Staccato il Mezzogiorno che per il tramite delle industrie culturali produce valore aggiunto per 12,5 miliardi di euro (4%). Si sta valutando- continua il presidente- l’idea- progetto da sottoporre alle istituzioni competenti relativa alla costituzione di una società a capitale pubblico/privato finalizzata alla gestione manageriale di eventi e iniziative ad alto profilo culturale nei siti di Paestum e Velia. Non si tratta di inventare nulla di nuovo- conclude Lombardi – ma solo di assecondare la domanda di turismo qualificato, di target medio/alto, che è in grado di far confluire risorse aggiuntive, stimolando nuove opportunità di lavoro, nelle nostre aree così aggredite dalla crisi economica e produttiva.