Avventura e ricerca storica
“La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir edito da 21lettere è un romanzo avvincente, dal ritmo incalzante e ricco di suspence. Una lunga ricerca storica si intreccia alla fervida fantasia dell’autore che, dopo circa quindici anni di silenzio, è tornato in libreria con un romanzo intrigante, tutto incentrato sulla relazione tra uomo e natura.
In “La clavicola di San Francesco” le tematiche ecologiste sono uno spunto per il lettore, per ripensare ad un nuovo rapporto con il Creato, magari partendo proprio da chi con la natura e il mondo animale aveva un rapporto speciale, San Francesco.
Tutto inizia con la storia di Sebastiano, un frate francescano che scompare nel terremoto di Assisi del 1997. Dopo vent’anni, i due protagonisti del romanzo, Fabio e Giulia, si imbattono nelle sue tracce, che guideranno i giovani a una reliquia segreta di San Francesco e alla scoperta di un Nuovo Paradiso sulla terra.
Daniele Nadir Daniele Nadir è uno scrittore emergente, è un creativo, e ha progettato centinaia di giocattoli che hanno fatto il giro del mondo. Alcuni dei suoi personaggi sono diventati storie e alcune storie si sono trasformate in romanzo. Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore di “La clavicola di San Francesco”, Daniele Nadir, al quale abbiamo chiesto qualche dettaglio in più sul suo romanzo e i suoi personaggi.
“La clavicola di San Francesco” di Daniele Nadir
Lei ha scelto di ambientare il romanzo su due piani temporali. Per il richiamo al passato e alla storia di San Francesco, ha condotto una scrupolosa ricerca. Quanto è durata la stesura del suo romanzo?
La Clavicola è nata come sceneggiatura per un fumetto, vent’anni fa. Il fatto che toccasse temi religiosi ha fermato il progetto sul nascere – per fortuna. Nel tempo la storia ha messo radici profonde e i personaggi hanno preso vita propria. La loro infanzia, che in origine mancava, è ora il cuore nascosto dell’intreccio. Mentre scrivevo, ho ripercorso il viaggio di Fabio e Giulia sulle tracce di Seb, un amico scomparso nel terremoto di Assisi. Vivere i luoghi del romanzo è stato un gioco splendido in cui ricerca storica e invenzione sono sfumate l’una nell’altra (un dettaglio dai giornali di Assisi del ’97 è stato uno shock, per me come per Fabio, nella narrazione). La chiusa, invece, ha una dimensione più cupa e risale a un periodo di isolamento nel Capodanno del 2013, un rush emotivo che mi ha fatto pensare di passare a storie più gentili, in futuro (ma non succederà). Poi… la Clavicola è stata riscritta più di quanto si possa immaginare. Se il romanzo ha due piani temporali, la sua stesura ne ha molti di più.
Perché ha scelto di approfondire la storia di San Francesco? C’è stato un evento, un’informazione che ha catturato la sua attenzione e che l’ha spinta a scrivere su questo argomento?
Il terremoto di Assisi è l’innesco del romanzo, il filmato del crollo: quel breve spezzone ripetuto e ripetuto. Nella storia San Francesco è simbolo di un’ideale parità fra le specie, tutt’uno con l’animalismo istintivo dei protagonisti, bambini. Da piccolo non ti fai problemi: certe cose sono giuste, punto. Ma già da ragazzi, quando salvano un cane da un destino triste, Seb sa che non può bastare. “Son tutti buoni ad amare i cagnini”, dice e, da adulto, andrà molto oltre. Ecco: l’attrito fra la sua lucidità feroce e i nostri compromessi è l’altro motore di questa storia. Senza sconti per nessuno. E ancora: l’ultimo elemento scatenante, al via, è una tovaglietta rigida trovata in un mercatino delle pulci. Sopra, un’illustrazione con decine di animali in piccole stanze dentro una collina. Dopo averla comprata, la Clavicola ha preso vita prima che potessi appoggiarci sopra un caffè.
Sempre in merito alla ricerca, secondo lei è importante documentarsi correttamente? Un’indagine storica non accurata potrebbe inficiare il successo di un libro?
Perché una storia sia “vera”, per me, devi poterla vivere mentre scrivi, e se non hai paletti ben piantati nella realtà allora tutto il passato diventa remoto e sfuma in un generico medioevo stilizzato. Quindi: sì, documentarsi è d’obbligo, anche se non è necessaria la verità minuziosa degli storici per veleggiare, anche lontano. Poi, spesso, gli eventi reali si rivelano più sorprendenti di quelli inventati. Questa tensione fra verità e finzione è centrale ne La clavicola perché i personaggi ripercorrono in prima persona una ricerca storica verosimile: Seb credeva nell’esistenza di una reliquia attribuita a San Francesco e, vent’anni dopo la sua scomparsa, Fabio e Giulia cercano il loro vecchio amico fra Torino, Siracusa, le colline umbre, la Biblioteca Apostolica Vaticana e i Mari del Nord, libro dopo libro, fra dipinti e basiliche. In narrativa, e nei film, entrare in una biblioteca e aprire il libro giusto è spesso il modo migliore per risolvere un mistero con una frase in latino, criptica ma risolutiva. Non qui.
Qual è il personaggio de “La clavicola di San Francesco” a cui si è affezionato di più? E perché?
Il Duca, perché… perché è nato quando la Clavicola è diventata romanzo e ha reso la trama più asimmetrica e sfaccettata. Intelligente e pigro, impietoso, istrionico ma riservato, il Duca è il regista occulto dell’azione anche se non ne prende parte. È l’amico che vorreste per farvi una birra in un giorno splendido. O pessimo.
Come mai ha deciso di scrivere un romanzo dopo tanti anni? Aveva perso interesse per la scrittura oppure ha continuato a scrivere, ma senza pubblicare?
Anni fa hanno iniziato a tradurre Lo stagno di fuoco in inglese e ho pensato di trovare un agente, qualcuno che sapesse muoversi fuori dall’Italia. La ricerca mi ha lasciato al palo per molto tempo e la mia natura di orso ha preso il sopravvento. Ho continuato a scrivere (ho un altro romanzo nel cassetto… e al momento sta bene lì). Invento giochi, a centinaia, e di recente le storie da raccontare (romanzi, e non solo) sono cresciute nell’ombra. Quando un papa ha passato il testimone a un suo collega ho dovuto rimettere mano a La clavicola: era tempo di muoversi. Di recente ho pubblicato un racconto su Prisma 2 (Moscabianca), un’antologia, e… 21lettere? Scoprire questa nuova casa editrice, curatissima e agguerrita, è stato un colpo di fulmine per entrambi. Due settimane dopo averli contattati La clavicola è stata messa in catalogo.
C’è un messaggio particolare che vuole lasciare ai lettori con il suo romanzo?
Spesso mi capita di trovare temi e messaggi nelle mie storie a posteriori. Il nord, mentre scrivo, è solo la trama: questa parla di una rivoluzione nel nostro modo di vedere gli animali. La clavicola del santo è un orizzonte a cui tanti tendono, ognuno a suo modo. Seb, da adulto, raffina un animalismo feroce, mentre Giulia e Fabio si avvicinano alla reliquia in tutt’altro modo, e così due improbabili Men-in-Black della Santa Sede. E ancora: i Semplici, un sotto-ordine di Francescani, epurato e poi ricomparso lungo otto secoli di persecuzioni. Quello che spero è che, godendosi una storia d’avventura e d’amicizia – con un retrogusto apocalittico e ritmo da thriller – chi legge si trovi a pizzicare corde intime, lontane da ogni retorica. Mi verrebbe da chiedere a chi leggerà questa storia cosa ne pensa dopo l’ultima pagina e… chi vorrà rispondermi, può scrivermi sul sito laclavicoladisanfrancesco.it, o trovarmi su Instagram o FB (di_santi_sbornie_e_animali).
Che progetti ha per il futuro, continuerà a scrivere?
Certo. Sinora ho scritto La clavicola e Lo stagno di fuoco (che verrà ripubblicato, probabilmente): due storie diverse – con personaggi diversi – ma che giocano sotto lo stesso cielo. Da un anno ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo.Non lo avrei mai detto ma I libri dei Gabbiani iniziano subito dopo l’ultima pagina de Lo stagno, che ha già una certa mole. Questa nuova narrazione, però, spazia in un mondo così vasto e vivido che a pensarci mi vengono le vertigini (anche solo a immaginare quanto ci vorrà per arrivare in fondo). Ma sono felice.