Quando lo scorso settembre, durante l’Assemblea generale dell’ONU, il presidente cinese Xi Jinping, nel suo intervento registrato, ha annunciato che avrebbe interrotto la creazione di centrali di carbone all’estero e favorito fonti di energia sostenibili, il mondo ha tirato un sospiro di sollievo. O almeno in parte: l’interrogativo sulle industrie di carbone interne al Paese e lo scetticismo verso il gigante sordo ai temi ambientalisti restavano. Poi arriva la notizia: la Cina aumenta le estrazioni di carbone. Lo fa perché in preda a una grave crisi energetica.
La Cina aumenta le estrazioni di carbone
Una ventina di provincie si sono trovate a corto di energia elettrica tanto che era stato necessario razionare l’erogazione nelle ore di punta e alcune industrie avevano dovuto fermarsi. Per mettere riparo alla situazione, considerando anche l’imminente arrivo dell’inverno, il consiglio di Stato ha annunciato le sue linee guida. Gli stabilimenti che sono nelle condizioni idonee devono aumentare la produzione, quelle che hanno chiuso saranno aiutate a riprendere la produzione. Parliamo di circa 72 miniere situate per lo più in Mongolia che dovrebbero produrre 100 milioni di tonnellate in più di carbone; un aumento della produzione di carbone per la Cina nel 2021 pari al 10%.
Fonti di energia tradizionali…
La Cina, come stiano vedendo, è ancora troppo dipendente dal carbone. La metà dell’elettricità, infatti, deriva da questo fossile di cui lo scorso anno ha estratto ben 4 miliardi di tonnellate. La scelta di qualche mese fa di ricorrere al gas non si è rivelata risolutiva e in più ha avuto come effetto un rialzo esponenziale dei prezzi a livello globale. Così per superare questa grave crisi l’unica chance è il carbone così come confermato anche da diversi analisti. Attualmente la Cina, con i suoi 10 miliardi di tonnellate annue, è il maggiore produttore di emissioni di CO2.
… e rinnovabili
E dire che, sempre in occasione dell’Assemblea generale ONU di settembre, Xi Jinping si era spinto come mai prima fissando un obiettivo di decarbonizzazione totale per il suo Paese entro il 2060, 10 anni dopo l’Europa. Un annuncio impensabile fino a pochi mesi fa considerata la resistenza che la Cina ha sempre opposto in sede internazionale alle istanze ambientaliste. Ora, con questa crisi energetica, che rischia di frenare l’economia cinese, Jinping ha fatto marcia indietro e a questo punto dobbiamo solo sperare la scelta di ricorrere al carbone sia solo momentanea e non definitiva. Con la salita al Campidoglio di Joe Biden e il rientro degli Stati Uniti negli accordi di Parigi, il gigante asiatico è rimasto il solo a non essersi allineato alle politiche ambientali. Il solo e il più nocivo.