La miopia è un difetto visivo a causa del quale si vede sfocato da lontano anche se la visione da vicino è nitida. Nel linguaggio tecnico-medico si parla di un vizio di rifrazione. Il termine miopia deriva dal greco myo che significa “chiudere”, in quanto tipica abitudine dei miopi è quello di strizzare gli occhi per vedere meglio da lontano.
A scoprire la causa del difetto è uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology condotto presso la Northwestern University a Chicago. Si tratta di una particolare cellula retinica che, in risposta alla luce che riceve, può causare una crescita abnorme dell’occhio del bambino e indurre il disturbo. Questo meccanismo potrebbe essere innescato dallo stile di vita: vivere in ambienti chiusi in presenza della sola luce artificiale potrebbe spiegarne la causa alla base.
Cosa porta a differenziare un occhio cosiddetto miope da uno senza difetto? Nell’occhio normale i raggi che provengono dall’esterno vengono messi a fuoco esattamente sulla retina, mentre questi stessi raggi nel soggetto con diagnosi di miopia cadono davanti alla retina e poi divergono, quindi sulla superficie della retina viene a formarsi un’immagine sfocata dell’oggetto lontano che stiamo guardando. Quanto maggiore è il difetto visivo, tanto minore è la distanza alla quale si vede bene.
Gli studiosi hanno studiato l’occhio del topo e si sono proposti di cercare la cellula che attiva il segnale di crescita abnorme dell’occhio isolando ed hanno trovato una cellula retinica battezzata OND, ipersensibile alla luce e in grado, in risposta a certe “lunghezze d’onda”, di dare il comando all’occhio di crescere e allungarsi. Questo comando viene azionato dallo “spettro” emesso dalla luce artificiale che si caratterizza per un forte contrasto verde-rosso. L’idea alla base dello studio è che l’esposizione per tempi prolungati alla luce artificiale può indurre il malfunzionamento della cellula OND e quindi alla miopia.
È il difetto della vista più frequente e in Italia ne è affetto circa il 25% della popolazione ( indicativamente 15 milioni di persone). In generale si ritiene che in Occidente è in prevalenza presente nel 30% della popolazione mentre in Asia si sono riscontrate percentuali sino all’80%.
Generalmente il disturbo sorge in età scolare, aumenta durante lo sviluppo e tende a stabilizzarsi intorno ai 20-25 anni.