Se da una parte si prospetta all’orizzonte una crisi economica epocale a causa della pandemia, dall’altra in Italia c’è un settore che potrebbe contribuire a creare migliaia di posti di lavoro, di cui la maggior parte under 35. Parliamo del settore della cannabis light, che si inserisce perfettamente nel solco del Green New Deal, e metterebbe l’Italia in testa a una nuova economia sostenibile. Il settore della cannabis light infatti, secondo le stime del MEF rilasciate in occasione dell’ultima legge di bilancio, potrebbe portare nelle casse dello Stato sotto forma di introiti fiscali l’incredibile cifra di 950 milioni di euro l’anno: risorse fondamentali e che potrebbero essere reinvestite in sanità pubblica, istruzione e sostegno all’occupazione.
Ne è convinto Giovanni Rossi, giovane imprenditore varesino che nel 2016 ha fondato Legal Weed una realtà che si è affermata come una delle aziende più grandi nel panorama italiano e globale, operando sia nella distribuzione diretta che come operatore B2B nella commercializzazione dei prodotti a marchio proprio e wholesale.
Oggi Legal Weed è attiva su 8 mercati internazionali (Uk, Spagna, Francia, Germania, Portogallo, Grecia, Belgio e Polonia) dando lavoro a centinaia di giovani sul nostro territorio, a decine di aziende agricole sparse su tutta la penisola, oltre che a tecnici, legali, agronomi, laboratori di analisi, aziende dedicate al packaging e a tutti gli attori di una filiera per un settore che nel 2020 ha creato un giro d’affari superiore ai 300 milioni di euro in Italia.
Per quanto riguarda Legal Weed, che ha puntato da subito sul proprio brand, che significa proprio “erba legale”, coinvolgendo artisti del calibro di J AX che ha creato la propria genetica in collaborazione con l’azienda, il fatturato derivante solo dalla vendita del prodotto imbustato a nome del marchio, oggi in confezioni anti-manomissione per garantirne la qualità, nel triennio 2018-2020 ha superato la cifra di 6 milioni di euro, senza contare le vendite all’ingrosso.
“A marzo scadrà il blocco dei licenziamenti e il Paese dovrà affrontare da quel momento una crisi epocale. È tempo di decisioni coerenti e coraggiose. Le normative di riferimento e i casi internazionali parlano chiaro rispetto ai benefici occupazionali ed economici. È un nuovo 1929 e lo Stato deve agire di conseguenza regolamentando il settore. Questo permetterà assunzioni, investimenti e l’attivazione di un indotto enorme”, sottolinea l’imprenditore.
La filiera della cannabis light e suoi derivati incentiva l’agronomia e riporta i nostri giovani a lavorare nei campi recuperando spesso terreni agricoli abbandonati (stimati per oltre 3,5 milioni di ettari). Nonostante i pregiudizi e le battaglie ideologiche questo settore è completamente legale e in espansione e già oggi conta centinaia di aziende attive e un indotto occupazionale di oltre 10mila addetti tra imprese agricole e commerciali. Il settore però aspetta dalla politica l’ultima norma necessaria, quella che regolamenti l’uso umano del fiore di canapa, operazione che in altri paesi europei e la vicina Svizzera, ad esempio, è avvenuta anni fa. L’occasione potrebbe essere il tavolo di filiera della canapa istituito presso il MIPAAF, fortemente voluto dal sottosegretario Giuseppe L’Abbate per “Lavorare su un piano di settore che possa incentivare la produzione, sostenendo la ricerca e l’innovazione tecnologica nonché rafforzando le politiche di filiera” a partire dall’utilizzo di parte dei fondi messi a disposizione per il 2021 dall’ultima Legge di Bilancio, pari a 10 milioni di euro.