Dopo i primi due appuntamenti realizzati a Genova nel 2015 ed a Bologna nel 2017, la terza edizione della Biennale della prossimità sarà in sud Italia a Taranto. “Una location non casuale – secondo Georges Tabacchi co-direttore dell’evento – terza tappa ideale del nostro percorso. La Biennale avrà luogo nel 2019 ma i lavori sono ai nastri di partenza con il primo incontro odienro con le organizzazioni, le Istituzioni e la cittadinanza, per la realizzazione di un evento frutto di un percorso di condivisione e costruzione comune in pieno stile prossimità”.
Durante la seconda edizione della Biennale della prossimità – il primo evento nazionale dedicato ai cittadini che si attivano per il miglioramento delle comunità locali – sono state presentate oltre 300 iniziative realizzate nell’ultimo anno da parte delle 100 organizzazioni aderenti all’evento provenienti dal nord al sud Italia. Sono organizzazioni che rappresentano un’avanguardia nella sperimentazione di modelli innovativi di welfare, al fianco e in sinergia con gli interventi tradizionali del cosiddetto welfare istituzionale,
Per l’occasione, è stata realizzata la prima indagine sulla prossimità in Italia, con l’obiettivo di scattare un istantanea sulle principali caratteristiche degli interventi.
Uno dei primi esiti della ricerca è che gli interventi di prossimità non sono inquadrabili entro la dicotomia “impresa Vs gratuità”; vi è una compresenza di fattori di produzione che le organizzazioni traggono dal mercato (personale retribuito, ma anche altri costi per attrezzature), per una media di 34 mila euro annui a intervento e di fattori acquisiti a titolo gratuito (oltre 10 milioni di euro sul totale degli intervistati), in primo luogo il lavoro volontario presente in media nella misura di 4 mila ore annue – pari a 2.3 equivalenti full time e per un totale di oltre 1.2 milioni di ore sul totale degli intervistati) per ciascun intervento di prossimità.
Gli interventi sono realizzati nella quasi totalità dei casi (90,5%) in rete con altre organizzazioni del terzo settore, seguono le collaborazioni con enti pubblici, cittadini, direttamente beneficiari dell’intervento o altri.
Le esperienze di collaborazione possono oscillare tra un prevalente obiettivo di socializzazione, oppure uno più vicino all’aiuto, alla cura, all’assistenza, oppure contenerli entrambi. E’ il caso ad esempio, di una rete di ambulatori sociali nei quali è presente personale sanitario volontario, di un centro di lettura e prestito libri nato “dal basso”, d sistemi di co-abitazione, che concorrono, attraverso la condivisione al rafforzamento di innovativi sistemi di protezione sociale. Ma gli esempi sono tanti e spaziano in vari ambiti.
Afferma Laura Bongiovanni Responsabile della ricerca “Ovviamente questi dati potrebbero risentire delle caratteristiche specifiche del campione o di altri fattori contingenti, ma aprono un’ipotesi di lavoro da approfondire: che gli interventi di prossimità tendano a sfuggire ad un inquadramento che contrapponga mercato e gratuità, richiedendo per essere realizzati una combinazione di queste risorse”
“E’ è un dato di grande interesse – commenta Gianfranco Marocchi co-direttore della Biennale della prossimità – se si considera che nel nostro Paese, a partire dalla legislazione di settore di inizio anni novanta, si è sempre teso a distinguere tra organizzazioni che utilizzino prevalentemente impegno volontario o retribuito”.