La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico è un libro sulla fragilità e sul coraggio di andare avanti
Sinossi
La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico edito da Morellini è un libro che indaga le fragilità umane, analizzate da un occhio esperto che ha avuto il privilegio di ascoltare le storie di tante vite. Roberta Zanzonico, infatti, è una psichiatra, che nel corso della sua lunga esperienza ha analizzato, con sguardo empatico, un aspetto comune alla vita di tutti: la fragilità.
Siamo tutti fragili, e per i motivi più disparati. Ognuno reagisce in un modo, e molti, come i protagonisti del romanzo La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico, lo fanno rintanandosi nei ricordi, e creando così una vita immaginaria…
La Signora Chiara è una donna anziana che da ormai dieci anni vive nel passato poiché afflitta da una condizione che non le permette più di formare nuovi ricordi. Solo le memorie precedenti alla malattia sono preservate. Una condizione singolare, causata da anni di abuso di alcol, con un risvolto inatteso: permette, a chi parla con la Signora Chiara, di tornare indietro a un momento nel tempo in cui la vita era sembrata gentile.Mentre la gente del paese sogghigna alla vista del Signor Morbidelli, la donna è l’unica a riservargli la stessa cortesia di una volta. Sarà così che l’uomo si troverà a cercare la smemorata nella speranza di rivivere attraverso lei i giorni andati. A uno a uno, gli abitanti del paesino si siederanno al tavolo della Signora Chiara per ricevere la stessa consolazione: tornare indietro a quando si era (o si pensava di essere) felici. Non è forse più semplice tornare indietro che andare avanti? Eppure, la memoria, come alcuni capiranno con amarezza, è un posto alimentato più dall’immaginazione che dalla realtà, che rischia di anestetizzare e infine intrappolare i più vulnerabili, così da precludere loro la possibilità di vivere ancora.
La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico: intervista all’autrice
In questa intervista, l’autrice approfondisce con noi due argomenti cardine del suo romanzo: la fragilità e la nostalgia
Il cuore del suo romanzo è la fragilità; perché ha scelto questo argomento? C’è stato un evento specifico che le ha fatto scattare la scintilla?
Ho parlato della fragilità perché penso sia questa che ci accomuna tutti e ci fa sentire davvero vicini l’uno all’altro. Siamo in una società in cui tendiamo a mostrare solo le parti belle, mentre quelle meno piacevoli vengono spesso celate. Eppure, è così difficile formare legami se non si mostrano le parti più fragili. Ho pensato che parlare della vulnerabilità, e di conseguenza della nostra umanità, potesse far sentire il lettore compreso e offrire una forma di consolazione
Nel suo romanzo, La bellezza rimasta i personaggi si rivolgono alla signora Chiara perché questa rievochi loro i momenti passati che li hanno resi felici. Perché lei dice che questo processo rischia di anestetizzare le persone?
Parlare del passato non è di certo rischioso, anzi. Nel romanzo però accade qualcosa di differente: le persone si rifugiano nel passato e fingono che sia ancor presente. Non partecipano più alla loro vita, qualcuno dimentica addirittura di avere un figlio malato da accudire. Scappando nel passato, le persone non sentono più il dolore del presente, in questo sono come anestetizzate.
C’è un personaggio del romanzo a cui si sente particolarmente legata? Se sì, perché?
Nel romanzo tutti cercano una via di fuga dalla realtà: alcuni tornando al passato attraverso le conversazioni con la protagonista, altri cercando di prendere un treno che li porti via, un personaggio persino attraverso la follia. C’è solo una persona che non cerca più alcuna illusione: il signor Antonio, il marito della signora Chiara. Passa gli ultimi dieci anni a pensare in silenzio, seduto su una poltrona di pelle. Mi piace che sia un uomo anziano, burbero, silenzioso ma che alla fine riesce a trovare un modo per confessarsi e condividere quel che ha imparato in anni di silenzio, forse sentendosi vicino a qualcuno per la prima volta dopo tanti anni di isolamento.
La bellezza rimasta non è il suo primo libro. Lei ha già pubblicato il romanzo Blu Stanzessere (2019) e due racconti, Agnese e l’Azione nel 2020 e El Niño nel 2021. Tra questi lavori esiste un fil rouge, un argomento che le è caro e che ritorna sempre?
Tutte le mie opere trattano, in maniera differente, la nostalgia per un passato perduto. Un tema a me caro dopo aver vissuto per molti anni all’estero e aver provato nostalgia per quel che avevo lasciato indietro. C’è anche un personaggio ricorrente che ho inserito sia in Blu Stanzessere che in La bellezza rimasta.
Oltre alla medicina, le sue passioni sono la musica e, ovviamente, la scrittura. Ci racconta qualche sua abitudine di scrittura? Non so, scrive solo la sera, ha un taccuino sempre con lei, ascolta musica mentre scrive (o ha bisogno di silenzio?), fa uno schema prima di iniziare, insomma, qualcosa che ci permetta di immaginarla mentre si appresta a scrivere.
Da bravo medico, ho una pessima grafia e la verità è che non saprei nemmeno leggere i miei appunti, quindi no, non ho un taccuino. Scrivo sempre e solo sul mio portatile, in momenti diversi della giornata, a volte con la musica di sottofondo e a volte in silenzio. Non faccio mai uno schema prima, in genere me ne occupo alla fine, quando il romanzo è quasi tutto scritto e devo finalizzarlo.