(Adnkronos) – La Bce si è fermata, dopo dieci rialzi consecutivi dei tassi di interesse. Quanto potrà durare la tregua? La domanda, che riguarda tutte le implicazioni dirette delle fluttuazioni del costo del denaro, partendo ovviamente dai mutui, arriva immediatamente dopo la notizia della decisione presa dal Consiglio. In altri tempi, si sarebbe dovuta cercare la risposta nelle parole della presidente Christine Lagarde. La comunicazione, tanto rilevante ai tempi di Mario Draghi, ha perso però terreno rispetto al passato. E oggi è evidente che le prossime mosse della Bce dipendono da fattori esterni alla politica monetaria. Il primo è l’andamento dei prezzi dell’energia, strettamente legato a quello che sta succedendo in Medio Oriente, con la guerra in corso tra Hamas e Israele.
La comunicazione di Lagarde, l’attesa nell’incertezza
Già da diversi mesi, Lagarde ha messo in chiaro che le scelte della Bce sono e saranno frutto di una reazione. Mani libere e nessuna indicazione, o quasi. La decisione di “mantenere fermi i tassi di interesse non significa che non li alzeremo più”, dice, aggiungendo che in ogni caso le decisioni “saranno legate ai dati”. Comandano i dati quindi, in particolare comanda l’andamento dei prezzi, e, ancora più nello specifico, comandano i prezzi dell’energia. L’espressione che più di tutte serve a descrivere l’incertezza nell’economia dell’Eurozona è il consueto avvertimento: “i rischi restano al ribasso”. Vuol dire che si aspettano i dati con la consapevolezza che possano peggiorare.
La politica monetaria ‘di rimessa’ della Bce, corregge ma non guida
Nella sostanza, la politica monetaria rinuncia al suo ruolo di guida, senza esercitarlo attraverso la forward guidance, ovvero l’indicazione ai mercati finanziari di un percorso. Di fatto, gioca ‘di rimessa’, intervenendo per correggere un andamento indesiderato. Non è un cambio di approccio che nasce oggi ma oggi è ancora più evidente in uno scenario reso più complesso dal conflitto e dalla instabilità in Medio Oriente. “Crediamo che i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo. Continueremo a seguire un approccio guidato dai dati per determinare livello e durata adeguati della restrizione”. Vuol dire che in questo momento, oggi, è così ma che domani mattina un nuovo dato potrebbe suggerire, o imporre secondo le interpretazioni, un nuovo rialzo dei tassi.
Cosa può cambiare, il rischio che riparta la corsa dei prezzi energetici
C’è un dato, in particolare, che è sensibile rispetto a quello che si sta muovendo intorno al conflitto tra Israele e Hamas, non solo a Gaza ma in tutta l’area mediorientale. Se la guerra dovesse allargarsi e prolungarsi nel tempo, ci sarebbero le condizioni per una nuova crisi energetica. E se i prezzi di petrolio e gas dovessero tornare a infiammarsi, le conseguenze sull’inflazione sarebbero immediate, riproducendo lo schema visto con la guerra in Ucraina. Se la reazione fosse la stessa, la stagione del rialzo dei tassi di interesse della Bce sarebbe di fronte a un nuovo inizio. (Di Fabio Insenga) —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)