Nel ventennale della scomparsa di Alik Cavaliere (Roma 1926 – Milano 1998), artista fra i maggiori della scultura italiana del secondo Novecento, Palazzo Reale ospita fino al 9 settembre un’importante antologica ad ingresso gratuito, che ricostruisce il percorso dell’artista, soffermandosi sul tema della natura.
Promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura e Palazzo Reale e realizzata in collaborazione con l’Archivio Alik Cavaliere, la mostra è curata da Elena Pontiggia e ha il suo cuore nella prestigiosa Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, per estendersi poi ad altre cinque sedi in un percorso ampio e articolato che coinvolge la città di Milano: il Museo del Novecento, Palazzo Litta, Gallerie d’Italia, Università Bocconi e il Centro Artistico Alik Cavaliere.
Le opere esposte a Palazzo Reale mettono in luce le diverse fasi e tematiche dell’artista, dalle monumentali Metamorfosi dei tardi anni Cinquanta all’innovativo personaggio Gustavo B. dei primi anni Sessanta, protagonista di un racconto composito sulle tante esperienze dell’uomo del tempo, accostato a Bimecus, una valigetta “fai da te” contenente elementi in bronzo e legno, un tempo componibili anche dall’osservatore per entrare in sintonia con l’autore.
Emergono capolavori di straordinaria suggestione come Quae moveant animum res. Omaggio a Magritte, 1963 e il famoso Monumento alla mela, sempre del 1963; in particolare in questi due lavori l’artista riprende da Magritte il tema della mela al quale associa il pensiero di Lucrezio secondo cui la mente umana genera immagini anche irreali e la natura è vista come un ciclo infinito di nascita e morte. Dello stesso periodo si osservano Tibi suavis dedala tellus submittit. La terra feconda di frutti e Il tempo muta la natura delle cose, esposte nel 1964 in una sala personale alla Biennale di Venezia.
La mostra si sofferma inoltre su un tema ricorrente nella poetica dell’artista, la gabbia, quale simbolo dei limiti e delle costrizioni che incombono sull’uomo; una condizione ben rappresentata in E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce, 1967 approfondita nei numerosi lavori successivi dal titolo W la libertà in cui gli elementi naturali, imprigionati all’interno di rigide forme geometriche, tentano invano di evadere. Come afferma lo scultore: “La gabbia era un senso di oppressione di qualche cosa a cui non riusciamo a sfuggire. Ho anche imprigionato ricordi, memorie, cose che si erano perdute. La natura fioriva all’esterno di questa gabbia“.
Di grande rilievo sono le sculture monumentali come lo spettacolare Albero per Adriana, 1970 e Mezzo albero, 1971 e il percorso si conclude, negli anni Novanta, con l’irripetibile installazione della Grande pianta Dafne (cm 450x410x400), 1991. L’opera, riprendendo il mito di Apollo e Dafne narrato nelle Metamorfosi di Ovidio, ritrae la figura femminile avvolta da un intrico di rami e allude al legame simbiotico tra l’uomo e il mondo naturale.
L’esposizione nella Sala delle Cariatidi rivela che l’artista ha anticipato di decenni problematiche e sensibilità che oggi sentiamo come nevralgiche. Commenta a tale proposito Elena Pontiggia: “Nessun artista, nella scultura del Novecento, ha scolpito il mondo della vegetazione e, per essere più precisi, l’universo verde delle foglie, dei frutti, dei cespugli, degli arbusti, degli alberi, come Alik Cavaliere“. Nella sua ricerca l’artista infatti ha affrontato molti soggetti, come si osserva nelle varie sedi della mostra, ma il tema della natura, nei suoi aspetti di rigoglio e sofferenza, espansione e costrizione, è il centro di tutto il suo operare.
Quello di Cavaliere è un lavoro in cui le tante fonti di ispirazione artistica – da De Chirico a Magritte, da Giacometti a Duchamp, dall’informale alla Pop Art all’arte concettuale, senza escludere qualche reminiscenza Liberty, pur reinterpretata con accenti insieme più ironici e più allarmati – si caricano di tante suggestioni poetiche e filosofiche con riferimenti a Lucrezio, Campanella, Petrarca, Leopardi, Giordano Bruno, Spinoza, Shakespeare, Rousseau, Ariosto, dando vita a opere ricche di significato, ma mai letterarie o meramente contenutistiche. Nella sua arte le domande esistenziali si mescolano al gioco dada, la precisione della forma di ascendenza surrealista si alterna alla libertà della materia di derivazione informale, il senso artigianale della scultura convive con l’operazione concettuale, generando opere tra le più singolari e le meno inquadrabili del nostro panorama espressivo.
Accanto al nucleo centrale di Palazzo Reale, la mostra diffusa propone focus specifici in altre sedi come un grande omaggio di Milano ad Alik Cavaliere.