La Commissione Europea ha adottato unaRaccomandazione e un Piano d’Azione per gli Stati membri dell’Unione Europea, da prendere in considerazione nelle procedure di rimpatrio verso i paesi di origine o di transito di uomini, donne e bambini che soggiornano irregolarmente nell’UE.
Secondo l’Unicef, questi nuovi atti incoraggiano gli Stati membri dell’Unione a effettuare rimpatri rapidi, che vanno a limitare tutele di base e diritti, che dovrebbero essere garantiti a tutti i migranti, soprattutto nei casi in cui siano coinvolti bambini.
Le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti dell’infanzia temono che il pacchetto di atti emanato ieri dalla Commissione Europea induca gli Stati membri a intraprendereprocedure sbrigative con un aumento del ricorso a sistemi detentivi.
Un simile approccio metterebbe a rischio la vita dei bambini e violerebbe la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata da tutti gli Stati membri dell’UE.
L’Unicef accoglie con favore il riferimento, contenuto nel documento della Commissione, alla valutazione delsuperiore interesse del minore nelle decisioni di rimpatriare minorenni migranti non accompagnati.
Per l’organizzazione umanitaria è essenziale che siano applicate delle valide procedure per identificare e applicare il principio dell’interesse superiore del minore prima della decisione di rimpatriare qualunque minorenne (incluso chi sia accompagnato da familiari).
Questa operazione non può ridursi a un esercizio burocratico. Quando si deve valutare se il rimpatrio possa essere nell’interesse superiore di un bambino, la sua opinione dovrebbe essere ascoltata e tenuta in debita considerazione.
I rimpatri forzati e la detenzione sono azioni estremamente dolorose per i bambini e per le famiglie. Nessun bambino dovrebbe mai essere recluso a causa del suo status di migrante, neppure come rimedio estremo.
All’inizio di quest’anno, in Svezia, tre minorenni afghani non accompagnati si sono tolti la vita. I loro assistenti sociali hanno dichiarato che i ragazzi si sentivano abbandonati e non erano in grado di gestire lo stress derivante dalle procedure che li riguardavano, ed erano terrorizzati dalla prospettiva di essere deportati in un posto in cui non si sentivano al sicuro.
I minorenni rimpatriati rischiano di essere rifiutati dalle proprie famiglie (che spesso si sono indebitate pesantemente per finanziare il loro viaggio] e dalle comunità di origine, e di andare incontro a violazioni dei diritti umani.
Essi si trovano spesso ad affrontare una pesante discriminazione, e diventano vulnerabili a forme di sfruttamento, di cadere vittime del reclutamento da parte di gruppi armati o del lavoro forzato.
Invece di rispondere ai danni già causati all’infanzia dalle politiche di rimpatrio dell’UE e degli Stati membri, il documento della Commissione raccomanda misure che li aumenterebbero, e spinge nella direzione di tutele ridotte, decisioni di rimpatrio più veloci e automatizzate, ricollocazioni forzate e misure detentive.
Anziché rispondere alle sfide concrete poste all’Europa dai flussi migratori, queste proposte non faranno cheinasprire la situazione.
Inoltre, non ci sono prove del fatto che i rimpatri forzati dissuadano le persone dal migrare. Costringere chi migra a ritornare a situazioni insostenibili aumenta il rischio di ulteriori cicli di migrazione precaria e insicura.
Dietro le scelte politiche e gli obiettivi di rafforzare le decisioni di rimpatrio ci sono le vite di bambini e famiglie reali.
L’Unione Europea e i suoi Stati membri sono stati a lungo leader nella tutela dei diritti dell’infanzia. Oggi li sollecitiamo a rimanere fedeli ai loro impegni verso tutti i bambini, a prescindere dal loro status di residenti o migranti.