La Commissione Ue ha adottato uno strumento per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali, inaugurando una nuova procedura di verifica che, secondo le stime, porterebbe risparmi per 50 miliardi euro di costi sanitari e costi diretti per l’ambiente. Il pacchetto, complessivamente, comprende: 28 relazioni, una per paese, ciascuna delle quali dedicata alla mappatura – a livello nazionale – di punti di forza, debolezze e opportunità relativamente alle politiche ambientali; una comunicazione che riassume le conclusioni programmatiche delle relazioni per paese e prende in esame le tendenze comuni riguardanti la qualità dell’aria, la gestione dei rifiuti e l’economia circolare, la qualità dell’acqua e la salvaguardia della natura e della biodiversità; raccomandazioni su come ottenere miglioramenti destinate a tutti gli Stati membri. Il lancio del pacchetto sul riesame dell’attuazione delle politiche ambientali – che, si fa presente, non tratta i temi legati a cambiamenti climatici, sostanze chimiche ed energia – sarà seguito da discussioni con ciascuno Stato membro, dal lancio di uno strumento che consenta agli Stati membri di aiutarsi a vicenda scambiandosi conoscenze ed esperienze e da dibattiti politici nell’ambito del Consiglio «Ambiente». Interessanti i primi dati a disposizione, contenuti nella comunicazione riassuntiva, che evidenziano, ad esempio, le lacune nel settore della gestione dei rifiuti a livello Ue, in cui la prevenzione resta una sfida importante per tutti gli Stati membri. Sei tra questi, infatti, non sono riusciti a limitare la messa in discarica dei rifiuti urbani biodegradabili. Si consideri, d’altro canto, che la piena conformità con la politica dell’Ue in materia di rifiuti entro il 2020 potrebbe creare 400 000 nuovi posti di lavoro. Secondo la Commissione, inoltre, è necessario intensificare gli sforzi anche nel settore natura e biodiversità, per l’attuazione della legislazione ambientale dell’Ue, come confermato dal controllo dell’adeguatezza delle direttive Uccelli e Habitat. In caso contrario, la perdita di biodiversità nell’Ue continuerà, compromettendo la capacità degli ecosistemi di rispondere alle necessità umane in futuro. Per quanto riguarda le norme sulla qualità dell’aria, in 23 dei 28 Stati membri, queste non sono ancora pienamente rispettate. Si registra il superamento dei livelli massimi in più di 130 città in tutta Europa, con i trasporti a costituire una delle fonti principali del problema. Anche le azioni finalizzate a ridurre il rumore ambientale, la seconda causa di problemi di salute legati a fattori ambientali, dovrebbero essere rafforzate. Sempre a livello Ue, nel settore della qualità e della gestione dell’acqua, la maggior parte degli Stati membri ha difficoltà a raggiungere la piena conformità in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, e per tredici di loro si prospetta un’azione legale da parte dell’Ue. Le concentrazioni di nitrati e i livelli di eutrofizzazione costituiscono, ancora, un grave problema in quasi tutti gli Stati membri. Le cause profonde di questa situazione sono diverse e sono condivise da diversi Stati membri. Tra queste, un coordinamento inefficace tra i diversi livelli amministrativi, una capacità insufficiente e la mancanza di conoscenze e di dati. Tra le 28 relazioni che accompagnano la citata comunicazione è stata diffusa anche quella che riguarda specificatamente l’Italia. In questa emerge la sfida che il nostro Paese è chiamato a sostenere, in considerazione delle notevoli divergenze regionali esistenti, ad esempio, in termini di gestione delle risorse idriche e dei rifiuti. Per quanto riguarda l’efficienza delle risorse, invece, l’Italia è all’avanguardia in materia di accordi volontari e presenta uno dei più alti livelli di Emas e marchi di qualità ecologica (ecolabel) nell’Ue. Anche l’adozione del Collegato Ambientale, in particolare, viene considerato un importante passo avanti verso l’integrazione ambientale. Il documento dedicato all’Italia si sofferma anche sulle principali sfide che, in relazione all’attuazione delle politiche e della normativa ambientali dell’Ue, nel nostro Paese risultano essere: il miglioramento della gestione dei rifiuti e delle infrastrutture idriche, così come del trattamento delle acque reflue, che rappresentano preoccupazioni persistenti, in particolare, nel Sud Italia; il miglioramento della gestione dell’utilizzazione del suolo, delle alluvioni e dell’inquinamento atmosferico nelle regioni centrali e settentrionali; la designazione delle Zsc (zone speciali di conservazione) rimanenti, migliorando lo stato di conservazione degli habitat e delle specie di interesse unionale, attuando pienamente gli strumenti messi a disposizione da Natura 2000, utilizzando i quadri regionali di azione prioritaria per garantire una migliore integrazione dei fondi Ue ed una pianificazione più strategica degli investimenti. In termini di opportunità, prosegue la relazione, l’Italia potrebbe realizzare prestazioni migliori in relazione a temi sui quali esiste già una buona base di conoscenze e buone pratiche. Ciò vale in particolare con riferimento a: l’utilizzo delle opportunità di prestiti della Bei e investimenti a favore dell’ambiente, con il sostegno dei fondi Sie e del Feis. Il sostegno dei fondi Sie può incrementare la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione nello sviluppare un migliore modello di governance ambientale; l’utilizzo del “Green Act” e del comitato per la fiscalità ambientale per predisporre proposte di ampio respiro; l’utilizzo del progetto integrato “Gestire 2020” (per aggiornare il quadro di azione prioritaria Natura 2000 per la Lombardia) come esempio per altre regioni italiane. Dalla relazione emergono anche i punti di eccellenza dell’Italia in materia ambientale e laddove il nostro Paese ha sviluppato approcci innovativi, questi potrebbero essere condivisi con altri paesi. |
21 Febbraio 2017
L’Ue rivede l’attuazione delle politiche ambientali
Scritto da Redazione CinqueColonne
La Commissione Ue ha adottato uno strumento per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali, inaugurando una nuova procedura di verifica che, secondo le stime, porterebbe risparmi per 50 miliardi euro di costi sanitari e costi diretti per l’ambiente. Il pacchetto, complessivamente, comprende: 28 relazioni, una per paese, ciascuna delle quali dedicata alla mappatura – a... Continua a leggere
La Commissione Ue ha adottato uno strumento per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali, inaugurando una nuova procedura di verifica che, secondo le stime, porterebbe risparmi per 50 miliardi euro di costi sanitari e costi diretti per l’ambiente. Il pacchetto, complessivamente, comprende: 28 relazioni, una per paese, ciascuna delle quali dedicata alla mappatura – a livello nazionale – di punti di forza, debolezze e opportunità relativamente alle politiche ambientali; una comunicazione che riassume le conclusioni programmatiche delle relazioni per paese e prende in esame le tendenze comuni riguardanti la qualità dell’aria, la gestione dei rifiuti e l’economia circolare, la qualità dell’acqua e la salvaguardia della natura e della biodiversità; raccomandazioni su come ottenere miglioramenti destinate a tutti gli Stati membri.
Il lancio del pacchetto sul riesame dell’attuazione delle politiche ambientali – che, si fa presente, non tratta i temi legati a cambiamenti climatici, sostanze chimiche ed energia – sarà seguito da discussioni con ciascuno Stato membro, dal lancio di uno strumento che consenta agli Stati membri di aiutarsi a vicenda scambiandosi conoscenze ed esperienze e da dibattiti politici nell’ambito del Consiglio «Ambiente».
Interessanti i primi dati a disposizione, contenuti nella comunicazione riassuntiva, che evidenziano, ad esempio, le lacune nel settore della gestione dei rifiuti a livello Ue, in cui la prevenzione resta una sfida importante per tutti gli Stati membri. Sei tra questi, infatti, non sono riusciti a limitare la messa in discarica dei rifiuti urbani biodegradabili. Si consideri, d’altro canto, che la piena conformità con la politica dell’Ue in materia di rifiuti entro il 2020 potrebbe creare 400 000 nuovi posti di lavoro.
Secondo la Commissione, inoltre, è necessario intensificare gli sforzi anche nel settore natura e biodiversità, per l’attuazione della legislazione ambientale dell’Ue, come confermato dal controllo dell’adeguatezza delle direttive Uccelli e Habitat. In caso contrario, la perdita di biodiversità nell’Ue continuerà, compromettendo la capacità degli ecosistemi di rispondere alle necessità umane in futuro.
Per quanto riguarda le norme sulla qualità dell’aria, in 23 dei 28 Stati membri, queste non sono ancora pienamente rispettate. Si registra il superamento dei livelli massimi in più di 130 città in tutta Europa, con i trasporti a costituire una delle fonti principali del problema. Anche le azioni finalizzate a ridurre il rumore ambientale, la seconda causa di problemi di salute legati a fattori ambientali, dovrebbero essere rafforzate.
Sempre a livello Ue, nel settore della qualità e della gestione dell’acqua, la maggior parte degli Stati membri ha difficoltà a raggiungere la piena conformità in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane, e per tredici di loro si prospetta un’azione legale da parte dell’Ue. Le concentrazioni di nitrati e i livelli di eutrofizzazione costituiscono, ancora, un grave problema in quasi tutti gli Stati membri. Le cause profonde di questa situazione sono diverse e sono condivise da diversi Stati membri. Tra queste, un coordinamento inefficace tra i diversi livelli amministrativi, una capacità insufficiente e la mancanza di conoscenze e di dati.
Tra le 28 relazioni che accompagnano la citata comunicazione è stata diffusa anche quella che riguarda specificatamente l’Italia. In questa emerge la sfida che il nostro Paese è chiamato a sostenere, in considerazione delle notevoli divergenze regionali esistenti, ad esempio, in termini di gestione delle risorse idriche e dei rifiuti. Per quanto riguarda l’efficienza delle risorse, invece, l’Italia è all’avanguardia in materia di accordi volontari e presenta uno dei più alti livelli di Emas e marchi di qualità ecologica (ecolabel) nell’Ue. Anche l’adozione del Collegato Ambientale, in particolare, viene considerato un importante passo avanti verso l’integrazione ambientale.
Il documento dedicato all’Italia si sofferma anche sulle principali sfide che, in relazione all’attuazione delle politiche e della normativa ambientali dell’Ue, nel nostro Paese risultano essere: il miglioramento della gestione dei rifiuti e delle infrastrutture idriche, così come del trattamento delle acque reflue, che rappresentano preoccupazioni persistenti, in particolare, nel Sud Italia; il miglioramento della gestione dell’utilizzazione del suolo, delle alluvioni e dell’inquinamento atmosferico nelle regioni centrali e settentrionali; la designazione delle Zsc (zone speciali di conservazione) rimanenti, migliorando lo stato di conservazione degli habitat e delle specie di interesse unionale, attuando pienamente gli strumenti messi a disposizione da Natura 2000, utilizzando i quadri regionali di azione prioritaria per garantire una migliore integrazione dei fondi Ue ed una pianificazione più strategica degli investimenti.
In termini di opportunità, prosegue la relazione, l’Italia potrebbe realizzare prestazioni migliori in relazione a temi sui quali esiste già una buona base di conoscenze e buone pratiche. Ciò vale in particolare con riferimento a: l’utilizzo delle opportunità di prestiti della Bei e investimenti a favore dell’ambiente, con il sostegno dei fondi Sie e del Feis. Il sostegno dei fondi Sie può incrementare la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione nello sviluppare un migliore modello di governance ambientale; l’utilizzo del “Green Act” e del comitato per la fiscalità ambientale per predisporre proposte di ampio respiro; l’utilizzo del progetto integrato “Gestire 2020” (per aggiornare il quadro di azione prioritaria Natura 2000 per la Lombardia) come esempio per altre regioni italiane.
Dalla relazione emergono anche i punti di eccellenza dell’Italia in materia ambientale e laddove il nostro Paese ha sviluppato approcci innovativi, questi potrebbero essere condivisi con altri paesi.