Non si ferma l’emorragia di manager nel tessuto industriale lombardo. Lo sostiene ALDAI-Federmanager, l’Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali e maggiore organizzazione territoriale del sistema Federmanager, polo di competenze e punto di riferimento per i servizi ai manager oltre che partner del sistema industriale.
Dalla “Indagine sulle risoluzioni dei rapporti di lavoro” di Federmanager, la Lombardia, nel 2015, ha perso 2.792 manager (di cui il 14% sono donne); oltre 1/3 appartiene agli over 55 (36%) e un 15% di giovani manager lombardi con età inferiore a 45 anni.
La Lombardia rappresenta una quota significativa (il 40%) delle circa 7.000 risoluzioni di rapporti di lavoro dirigenziali che si verificano in media ogni anno in Italia e, considerando l’intera area geografica NordOvest (Lombardia, Val d’Aosta, Piemonte, Liguria), si raggiunge il 73%.
Tra le tipologie solo il 2% è rappresentato da dimissioni volontarie e il 59% da risoluzioni consensuali mentre il 39% sono stati i licenziamenti per “giustificato motivo oggettivo” (soprattutto per “soppressione della posizione”).
I numeri dell’industria lombarda
I settori maggiormente colpiti sono quelli dell’informatica-elettronica-tlc (40,3%), meccanico-siderurgico (22,2%) e chimico-farmaceutico (15,3%), mentre le posizioni aziendali più colpite sono quelle relative alla parte tecnico-produttiva (21%), conseguenza del taglio all’attività industriale.
“Se l’industria perde le competenze e i valori dei manager, diventa meno competitiva e questo riguarda anche il tessuto industriale lombardo, fondamentale per l’industria italiana – commenta il presidente di ALDAI-Federmanager, Romano Ambrogi – A tal proposito, una situazione da evidenziare è in particolare quella delle piccole aziende (fino a 10 dirigenti) che, sopravvissute a questi anni di crisi, confidavano in una reale ripresa che non dà ancora segnali. In queste realtà assistiamo ad un significativo aumento, dal 28% del 2014 a quasi il 40% del 2015, di taglio di posizioni manageriali.”
A livello nazionale, i numeri Federmanager, elaborati su base Inps, confermano nel quinquennio 2011-2015 una perdita complessiva del 10% della forza manageriale del nostro Paese, non adeguatamente compensata dalle nuove assunzioni, che riguardano principalmente le aziende di media-grande dimensione. Per un Paese caratterizzato in prevalenza da PMI, sul totale di imprese industriali solo il 5.6% ricorre a una figura manageriale.
Se ci sono dei segnali positivi, questi riguardano le forme di collaborazione a tempo e di tipo consulenziale. «Il nostro osservatorio chiarisce che il mercato del lavoro sta chiedendo maggiore flessibilità e maggiore esperienza», commenta il presidente FEDERMANAGER, Stefano Cuzzilla. «Per questo stiamo valutando nuovi strumenti negoziali nel dialogo aperto sia con Confindustria sia con Confapi. Imprenditori e manager sono chiamati a fare uno sforzo in un contesto economico avverso: noi dobbiamo individuare delle soluzioni per favorire la managerializzazione delle imprese anche nella forma del temporary management in modo da inserire rapidamente competenze manageriali e innovazione nel tessuto produttivo».
Per affrontare l’evoluzione del mercato Federmanager ha brevettato un disciplinare di certificazione di 4 competenze manageriali specifiche: il temporary manager, il manager di rete, l’export manager e l’innovation manager. «Si tratta di figure che – conclude il presidente – presentano le caratteristiche e i requisiti di cui oggi l’impresa non può fare a meno».