La Campania da Bocchino a Caldoro, quando si vuole la Regione
Cinque anni addietro la conquista della Campania è stata affidata dal centrodestra al giovane Italo, ragazzo dal cognome più difficile per vivere in quella regione, Bocchino. E allora delle due l’una, o si riteneva già persa la competizione e dettaglio di tal fatta era secondario pur nell’era della comunicazione nella quale viviamo, oppure il giovane era necessariamente tosto per provenienza politica (MSI prima che AN). Poi, si sa, l’urna premiò di nuovo Bassolino ed Italo veniva chiamato dall’elettorato al difficile compito di controllore. Di fronte all’arduo compito, dimissioni e vita comoda in Parlamento. Quindi, dato l’esito dell’avventura del giovane Bocchino, si è legittimati a credere più verosimile la prima ipotesi formulata, ovvero che in quelle regionali non ci si credeva tanto. Poi, il candidato di oggi e la domanda che si fa l’elettore del centrodestra. Il nome è a posto e non evoca nulla di pruriginoso: Stefano Caldoro. Quanto a provenienza politica (PSI ieri e Nuovo PSI oggi), è la più consona per l’elettore campano, abituato a non prendere mai posizione per potersi smarcare dal patentino attribuitogli col voto, e passare, all’uopo, dall’altra parte: socialisti ce ne sono in ogni schieramento politico, da sinistra e libertà fino al Pdl, con diverse formule e con ognun di loro che dice d’essere il vero erede delle idee e tradizioni socialiste. Tutto bene, non fosse che i tempi richiedono attributi diversi e l’elettore cerca sicurezza e decisione. Al punto che la sinistra candida il vero uomo di destra: De Luca, lo sceriffo. Povero Caldoro, il rischio è che anche al suo nome dal significato caldo e prezioso s’accosti l’aggettivo fastidioso del trombato.
Luca Procaccini
Curatore del blog www.destrainconcludente.com