Le tesi da cui si parte quando si parla di ecologia sessuale sono legate all’ambiente circostante e, in particolar modo, alla sfera psico-sociale e ambientale vissuta dall’individuo.
Affinché un disturbo della sfera sessuale venga individuato e, soprattutto valutato e risolto, è necessario un approccio interdisciplinare, che si curi di analizzare ogni singolo aspetto della quotidianità dell’individuo. Sono moltissimi i casi in cui a disturbare la salute sessuale sono cause psicologiche e sociali anche se indirettamente. Si pensi ad esempio al calo del desiderio da parte della partner: in genere la medicina fa dipendere il fenomeno dall’incontinenza urinaria. Ma perché? Facendo un percorso completo l’incontinenza può generare il disturbo poiché, pur partendo da una causa “anatomica”, genera un effetto psicologico non trascurabile che può disturbare la sessualità.
La donna, infatti, vive l’insorgere dell’incontinenza in maniera minacciosa. Questo fenomeno condiziona nettamente l’immagine di femminilità che si percepisce del proprio corpo, cosa che, inevitabilmente, limita l’umore e, si sa, quest’ultimo è l’elemento per eccellenza che genera una buona sessualità femminile sino a condizionare il raggiungimento stesso del piacere.
Parola d’ordine dunque integrazione disciplinare. Concetto ancora sconosciuto alla maggior parte delle figure mediche di principale interazione nel campo. Molti urologi, andrologi e ginecologi non tendono ad organizzare la diagnosi a 360 gradi, tenendo conto di tutte le sfere che, direttamente o indirettamente, possono condizionare la sfera sessuale dei propri pazienti.
Per elaborare una diagnosi del genere sarebbe importante che questi specialisti siano affiancati da sessuologi o psicologi per valutare ogni elemento “disturbatore” esterno e avere un quadro completo della situazione. Quest’ abitudine è ancora lontana dall’essere applicata nel nostro paese forse anche per l’eccessivo bigottismo che contraddistingue il campo stesso.
Avvolta da eccessivi tabù e vergognosi principi, la sessualità e i disturbi ad essa legati, vengono ancora “nascosti” anziché risolti, specie se è il partner maschio a soffrire di qualche piccolo disturbo. Non è un segreto in effetti che in percentuale sono sempre le donne a voler intraprendere le strade della medicina, questo, a prescindere dalla persona interessata dal problema.
Nonostante il diritto alla salute sessuale sia sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Corte Costituzionale troppo spesso è messo da parte in nome dell’ipotetico concetto di virilità dell’uomo sempre restio ad ammettere il problema. Se pensiamo al fenomeno della disfunzione erettile, ad esempio, dobbiamo dire che la maggior parte dei casi è individuata nei pazienti dai 30 ai 35 anni d’età; proprio la fascia d’età per eccellenza meno avvezza all’ammissione del disturbo.