Sarà in scena al Teatro Nuovo di Napoli lo spettacolo L’apparenza inganna di Thomas Bernhard, con la drammaturgia di Sandro Lombardi, anche interprete con Massimo Verdastro, e la regia di Federico Tiezzi, presentato, in questo nuovo allestimento, da Associazione Teatrale Pistoiese e Compagnia Lombardi/Tiezzi.
L’apparenza inganna, pièce scritta nel 1983, è la storia di due solitudini che non comunicano tra loro (anche quando sono insieme, ognuno continua a parlare a se stesso), ma che sono più simili di quanto vorrebbero.
Pieni di manie e idiosincrasie, pedante e preciso Karl, ipocondriaco e nostalgico Robert, interessato solo all’aspetto economico delle cose Karl, più idealista Robert che ha il grande Diversi ma in fondo uguali, come spesso succede nelle opere di Thomas Bernhard, a entrambi è mancato il calore di un nido familiare, perché hanno rotto i ponti con i genitori, “scandalizzati” dalle scelte artistiche dei figli.
Ognuno di loro si è meritato il suo destino, ma, soprattutto, entrambi sono legati a Mathilde, moglie di Karl, morta di recente, che nel testamento ha lasciato al cognato la casetta dei week-end, infliggendo al marito un grande dispiacere e creando ulteriore attrito tra i due.
Da qui s’innesca un meccanismo a catena, che porterà i due a escogitare ogni possibile pretesto per soddisfare i loro beckettiani “bisogni del tormento”: piccoli dispetti, contraddizioni, ricordi di infanzie e adolescenze conflittuali.
“Il testo ha una struttura speculare – spiega Sandro Lombardi – in cui l’uno di fronte all’altro, i due protagonisti rappresentano due diverse chiusure di fronte al mondo. E’ la storia di due fallimenti storici ed esistenziali, che, col passare del tempo, portano alla pietrificazione dell’essere e a un’esistenza claustrofobica. Il fulcro del lavoro è la messinscena spietata della loro solitudine, l’incomunicabilità totale. In scena diventano battute che nascondono le intenzioni reali dei personaggi, che parlano sempre di altro”.
L’apparenza inganna è un testo che è un grande omaggio all’arte dell’affabulazione e della recitazione in particolare. Non a caso l’azione procede attraverso monologhi, quasi una partitura, in cui ogni personaggio è chiamato a fare il suo assolo, cui seguono i battibecchi tra i due, di grande raffinatezza ma estremamente pungenti.
Perché recitare è un’ancora di salvezza e un antidoto alla solitudine, come sottolinea Robert: “non tanto l’arte quanto la possibilità di stare regolarmente in mezzo alla gente per paura di smetter da soli di andare alla deriva”.