La mostra L’anima del segno. Hartung ?Cavalli ? Strazza rende omaggio al segno primordiale, al gesto creatore nella seconda metà del Novecento. Con l’incontro tra l’artista ticinese Massimo Cavalli (1930), l’italiano Guido Strazza (1922) e il precursore franco-tedesco Hans Hartung (1904-1989), Bellinzona (Svizzera italiana) diventa il centro virtuale di un dialogo artistico tra cultura italiana e francese.
Il progetto – che mette in dialogo Massimo Cavalli (*1930), Guido Strazza (Santa Fiora, Grosseto, 1922) e Hans Hartung (Lipzia 1904 – Antibes 1989) – si inserisce in un’importante indagine sulla questione del segno nel ventesimo secolo e sulla nozione di incisore-pittore. Nel catalogo ragionato dell’opera grafica di Massimo Cavalli, a cura di Matteo Bianchi (editore di Pagine d’Arte), pubblicato nel 2014, Michel Melot sottolineava «Di quella che ormai si può chiamare la scuola francese dell’astrazione, si può dire che uno dei suoi rappresentanti più completi e dotati sia uno svizzero (…)». Punto di partenza di questa mostra è proprio questa doppia appartenenza di Cavalli al linguaggio artistico sia italiano che francese.
Il dialogo che apre L’anima del segno non è solo culturale e artistico, ma è anche un dialogo che sta a cuore al Museo di Villa dei Cedri: l’indagine della relazione di scambio e complementarità tra grafica e pittura. Adam Bartsch, all’inizio dell’Ottocento, usa l’espressione storica di peintre-graveur per descrivere i grandi pittori che praticavano l’incisione sempre mantenendo la pittura come sede prioritaria della loro ricerca. L’espressione ribaltata di ‘incisore pittore’ sottolinea invece lo stretto rapporto tra le due tecniche nella pratica artistica di Hans Hartung, Massimo Cavalli e Guido Strazza, dove le due tecniche si influenzano reciprocamente. I tre artisti in effetti si esprimono in parallelo con la pittura, il disegno e l’incisione, dove una tecnica è al contempo prolungamento e terreno di sperimentazione dell’altra e viceversa.