L’acqua come archetipo, forza primigenia da cui si genera la vita e a cui tutto farà ritorno. L’acqua che regge il mondo e l’acqua che nutre, in analogia con l’universo femminile. Questi i temi affrontati dall’artista madrileno José Molina nella mostra L’acqua di Talete. Opere di José Molina, che presenta iconici lavori fra dipinti, disegni e sculture, oltre a opere inedite, per la prima volta negli spazi espositivi del Museo Carlo Bilotti di Roma, all’interno della suggestiva cornice dell’Aranciera di Villa Borghese.
L’esposizione è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, ideata e curata da Roberto Gramiccia, patrocinata dall’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia e dall’Instituto Cervantes di Roma, e organizzata con il contributo della galleria Deodato Arte. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
La mostra, come rivela il curatore Roberto Gramiccia, prende spunto dall’importanza che i giochi d’acqua hanno avuto nella storia del Museo Bilotti, suggerendo una riflessione sulle origini classiche del pensiero occidentale. L’edificio che ospita l’attuale sede espositiva, infatti, prima ancora di essere adibito ad Aranciera, verso la fine del Settecento fu ampliato e decorato per volontà di Marcantonio IV Borghese, unitamente alla sistemazione del contiguo “Giardino del Lago“, per ospitare eventi e feste mondane. Tale intervento fu considerato stupefacente a tal punto che l’edificio stesso prese il nome di “Casino dei giuochi d’acqua”, come ci tramandano le cronache dell’epoca, proprio per la presenza di fontane e ninfei in stile barocco di particolare pregio per l’intrattenimento e il piacere degli ospiti e dei familiari.
Da qui l’idea di allestire una personale di José Molina tutta dedicata al tema naturale dell’acqua, indagato dall’artista quale elemento primordiale che dà origine alla vita e fondamento archetipico sul quale poggia tutto il sistema del reale. Il concetto è uno sviluppo del pensiero filosofico di Talete di Mileto che, come riporta Aristotele nella sua Metafisica, costituisce la base della filosofia occidentale. Molina si confronta con questo pensiero realizzando sculture e opere pittoriche su tela e su carta in cui predomina l’acqua stessa, che è anche evocata nelle fattezze metamorfiche e visionarie dei personaggi rappresentati, creando così, come evidenzia il curatore, un mondo fantastico che inesauribilmente rinasce da se stesso.
Per la mostra al Museo Bilotti sono state quindi selezionate le creazioni più rappresentative legate al tema dell’acqua secondo una visione cosmogonica, unitamente a una serie di lavori che rimandano all’interesse dell’artista nei confronti del legame tra l’uomo e la natura. Emblematico del percorso espositivo il lavoro Naufraghi nel proprio mare (2005), appartenente alla collezione “Predatores”. L’immagine, densa di richiami autobiografici, in cui predomina uno specchio d’acqua vasto e agitato, rappresenta metaforicamente un percorso interiore comune alla maggior parte delle persone e affrontato da Molina stesso: quello dell’uomo che sogna di volare o di nuotare in un mare aperto, ma che tuttavia spesso si autolimita creandosi una prigione interiore che non gli permette di spiccare il volo, di prendere il largo.
La tematica rimanda poi all’indagine dell’artista sulla natura umana, che caratterizza tutta la sua produzione e si ravvisa chiaramente nelle opere esposte provenienti dalle collezioni Los Olvidados, Portraits, Beloved Earth; tra queste spiccano le figure femminili, generatrici di vita e depositarie della forza ancestrale della natura, come in Dolce acqua (2015), La prima mattina (2015) e Fiore di mare (2016), oppure i soggetti onirici e metafisici di Predatores, da cui I Pesci che nuotano (2015), metafora dell’affrontare la vita “controcorrente”, oltre all’autoritratto Sangue! (2002) da Morir para vivir. Completano il percorso espositivo tre sculture appartenenti alla serie I feel (2017) e iconicamente intitolate Io dubito, Io ricordo e Io immagino, che invitano il visitatore ad addentrarsi sempre più nelle profondità dei labirinti della psiche umana con i suoi interrogativi ancestrali.
Appositamente per la mostra romana sono poi state realizzate due opere inedite, Marte nascente e Venere nascente (2018), in cui forte è il richiamo all’acqua come elemento in cui si crea la vita e risorsa preziosa nonché indispensabile per ogni essere vivente. Le due figure rappresentate a matita grassa propongono rispettivamente un uomo e una donna immersi nel mare, a testimoniare che dove c’è acqua c’è vita; tuttavia, al posto delle gambe la figura maschile ha denti di tricheco, mentre quella femminile il becco di un tucano a evocare la difficoltà dell’uomo a vivere in armonia con la natura e la necessità di ristabilire un equilibrio.
Per diverse opere in mostra José Molina ha realizzato anche le cornici, che concorrono ad accrescere i piani di lettura dei lavori esposti; le realizzazioni, polimateriche, sono create in legno o con materiali di recupero appositamente rielaborati dall’artista.
In occasione dell’esposizione è disponibile il catalogo antologico dell’opera di José Molina dal titolo “Humanitas” (2014) con contributi di Mariella Casile, Francesco Mattana, Deodato Salafia e Federico Scassa.