Anche quest’anno il Festival Kum!, diretto da Massimo Recalcati, invita a dialogare tra loro non solo specialisti della clinica (psicoanalisti, psichiatri, medici, pedagogisti), ma anche filosofi, antropologi, storici, scrittori, intellettuali che hanno, in forme diverse, una presa diretta sul tema della cura dei differenti volti della sofferenza: del malato, della Polis, della Terra e di noi stessi.
La parola KUM è molto antica: essa ricorre almeno due volte nel testo biblico. La prima a proposito delle vicende del profeta Giona. È la scena inaugurale dove Dio, rivolgendosi a Giona, lo scuote dal suo sonno profondo invitandolo ad ascoltare la parola che affida un compito: Kum!, sveglia! alzati! Si tratta di un imperativo onomatopeico che esige un movimento, una ripartenza, la responsabilità di un atto. La seconda occasione la troviamo nei racconti evangelici delle resurrezioni e delle guarigioni compiute da Gesù che rivolgendosi a Lazzaro ripete lo stesso imperativo: “Alzati e cammina!”.
Si tratta di una parola che bene si presta a riassumere il senso generale della cura: restituire la vita alla vita, consentire la ripartenza, riaprire in modo nuovo l’orizzonte del mondo. Il sottotitolo Curare, Educare, Governare, i tre mestieri impossibili secondo Freud, amplia il campo della riflessione e sottolinea la difficoltà e l’ambiguità del curare e del prendersi cura.
Il Festival si apre il 19 settembre, presso ‘Il Lazzaretto’ detto anche ‘La Mole Vanvitelliana’, con un intervento di Leopoldo Grosso, vice presidente del Gruppo Abele e responsabile dell’Università della Strada, sul tema ‘Lo sguardo di Ippocrate – La terapia nel disturbo di gioco d’azzardo’. A seguire, Marco Ferrazzoli – capo ufficio stampa del Cnr – insieme ad Antonio Cerasa, ricercatore dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr, approfondiranno il tema ‘Lo sguardo di Ippocrate – Potenzialità e prospettive della cooking therapy’. Gli appuntamenti proseguono nei due giorni successivi con ‘aperitivi filosofici, ritratti, dialoghi e letture’.