(Adnkronos) – Era il presidente della Fiat Gianni Agnelli “l’amico italiano” per eccellenza di Henry Kissinger, con il quale ha condiviso una lunga e profonda amicizia, che lui adorava come “uomo del Rinascimento”. Un’amicizia anche sportiva, tifando con lui talvolta allo stadio torinese per la Juventus ma anche girando per l’Europa a vedere partite di altre squadre blasonate. “Gianni Agnelli era un uomo di visione, di grande umanità e apertura mentale. Aveva uno charme leggendario, a cui anche io, sulle prime, ho cercato di resistere.
Ma non è stato lo charme a creare l’amicizia. È stata l’ampiezza dei suoi interessi. E così siamo diventati amici”, aveva raccontato l’ex segretario di stato americano in un’intervista. Agnelli aveva conosciuto Kissinger durante uno dei suoi tanti viaggi negli Stati Uniti e aveva anche frequentato uno dei suoi seminari ad Harvard.
Poi si erano incontrati in Italia in un’occasione precisa: il 28 febbraio 1969 in occasione della visita di stato del presidente degli Stati Uniti d’America, Richard Nixon, ricevuto dal presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. “Ci fu una meravigliosa cerimonia al Quirinale, con molti politici e uomini d’affari italiani. La nostra amicizia si è cementata nei due anni successivi.
Ogni volta che veniva in America mi chiamava. Ci siamo sempre tenuti in contatto, ma non mi ha mai chiesto nemmeno un favore”, disse Kissinger in un’intervista concessa a Lucio Caracciolo, direttore della rivista “Limes”.
Quando Kissinger, con Zbigniew Brzezinski e David Rockefeller, nel 1973 dette vita alla Commissione Trilaterale, un gruppo di studio (think tank) non governativo, volle che tra i circa 300 membri (uomini d’affari, politici, intellettuali) ci fosse anche l’amico Agnelli.
L’allora presidente della Fiat si fece intervistare in più occasioni dopo l’elezione alla presidenza degli Stati Uniti, nel 1976, di Jimmy Carter, per illustrare le nuove direttrici della politica estera americana. In una recente intervista alla “Repubblica”, Kissinger così aveva parlato di Gianni Agnelli: “Aveva molteplici interessi e passioni, era un uomo del Rinascimento, amava l’Italia, credeva nell’Europa unita e si sentiva profondamente legato all’America.
Gianni amava l’America per due ragioni diverse ma intrinsecamente legate fra loro. La prima era famigliare. La madre e la nonna erano americane. La seconda aveva a che fare con le sue convinzioni: credeva che il futuro dell’America e dell’Europa fossero strettamente collegati. Non riusciva a pensarle divise, separate.
Su ogni fronte della vita, della creatività, della politica, dello sviluppo. Di cosa parlavamo? Di politica americana come di politica interna italiana, di economia. Gianni era un uomo del Rinascimento, aveva molti interessi e voleva sempre andare a fondo, alla radice, delle questioni che discuteva”.
Kissinger aggiungeva: “Non si accontentava mai di spiegazioni superficiali, ti metteva alla prova, voleva arrivare al nocciolo delle cose. Andavamo spesso a vedere partite di calcio assieme. In più Paesi europei. Ricordo ad esempio molte partite in Inghilterra.
E poi, soprattutto, in Italia. Una volta andammo allo stadio a Torino per un match fra Juventus e Napoli che terminò con molti goal, credo sei o sette. Era una grande passione condivisa. Ma il problema è che Gianni voleva sempre andare via dallo stadio dieci minuti prima della fine e spesso le partite erano in bilico in quegli ultimi minuti. Ma non c’era nulla da fare, uscivamo”.
—internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)