Si tiene a Roma, nel quartiere Tor Pignattara, la quinta edizione del Karawan Fest, primo evento cinematografico in Italia che tratta i temi dell’integrazione e convivenza tra culturecon ironia e la forza del sorriso. Il festival si svolge presso la Casa della Cultura di Villa De Sanctis e avrà un’impronta fortemente femminile. Proiezioni di lungometraggi, cortometraggi, una mostra di tavole originali di fumetti, una mostra fotografica e unworkshop di fotografia animeranno la quattro-giorni del festival, diretto da Carla Ottoni e Claudio Gnessi, con un programma speciale che prevede anche un dibattito dal titolo ‘Dal subcontinente indiano alla periferia est di Roma: diaspore e racconti al femminile‘.
Gli ospiti
Tra gli ospiti i registi Leonardo Cinieri Lombroso ed Elisa Amoruso, ma anche la giovane graphic journalist Takoua Ben Mohamed e il rapper Amir Isaa. Ogni sera, il Karawan Bistrot: un’ora di cibo e chiacchiere con gli ospiti del festival
I film in programma
I film selezionati in questa edizione del festival, provenienti da dalla Svizzera, Germania, Austria, Italia, Tunisia, India, Bangladesh, Sri Lanka, Pakistan e Iran, ricostruiscono un mosaico di volti e voci femminili da tutto il mondo e raccolgono i sogni, le battaglie e le speranze di tante donne diverse: la rapper afgana e la rocker tunisina che cantano per la libertà, le ragazze di una scuola di aviazione in Ghana che scelgono di ‘fare la cosa giusta’, la tranquilla signora svizzera che si è reinventata, con un insolito laboratorio di teatro per rifugiati, insomma, donne che a ogni latitudine del mondo hanno deciso di essere protagoniste delle proprie vite e hanno compiuto piccole, grandi rivoluzioni.
La campagna #nonunadimeno
Durante la rassegna, che sostiene la campagna #nonunadimeno, non mancherà l’invito a partecipare alla manifestazione contro la violenza sulle donne di sabato 26 novembre, in particolare con la proiezione del pluri-premiato documentario Girls Don’t Fly, dell’austriaca Monika Grassl, che, seguendo le vicende di una scuola di aviazione femminile in Ghana, indaga in modo il confine tra realtà e apparenza e l’incontro/scontro tra una visione euro-centrica e il sistema di valori africano.
Nutrita la schiera di ospiti che saranno a Roma per presentare i film e interagire con il pubblico. Tra gli altri, il regista Leonardo Cinieri Lombroso che venerdì 25 presenterà il suo Doris e Hong, documentario sull’incontro tra due culture millenarie attraverso la storia dell’amicizia tra una giovane donna cinese e una signora italiana. Quindi, la regista Elisa Amoruso, che interverrà in un incontro con le associazioni del territorio per parlare del suo ultimo film, Strane straniere, nato dal progetto dell’antropologa Maria Antonietta Mariani che segue cinque donne straniere arrivate in Italia per motivi diversi, che hanno saputo reinventarsi con successo nella nuova realtà. Interverrà anche la giovane graphic journalist Takoua Ben Mohamed, una delle voci più originali e dirompenti della G2, le ‘seconde generazioni dell’immigrazione’ in Italia, che nelle sue opere combatte con ironia l’ostilità che può nascere da luoghi comuni e scarsa informazione. La disegnatrice incontrerà il pubblico sabato 26 novembre per parlare del suo libro Sotto il velo, appena uscito con Becco Giallo, e commentare alcune delle sue tavole che saranno esposte in mostra negli spazi della Casa della Cultura durante la manifestazione. Il pomeriggio di domenica 27 novembre sarà dedicato ad approfondire la conoscenza delsubcontinente indiano, con un programma di film da India, Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, seguito da un incontro con autori, giornalisti ed esperti del settore per conoscere più da vicino la cultura di questi Paesi e capire come le relative comunità, molto presenti a Roma, interagiscono col territorio in cui risiedono. In chiusura, il rapper italo-egiziano Amir Issaa introdurrà il documentario Sonita, diretto da Rokhsareh Ghaem Maghami, sulla giovane profuga afgana che, grazie al suo rap, è diventata un simbolo di libertà e coraggio.
In collaborazione con il Goethe Institut Rom verrà presentata, inoltre, la sezione “Making Heimat. Goethe Institut-Rom meets Tor Pignattara”, alcuni film cult della recente produzione tedesca (tra cui Solino, di Fatih Akin e Kebab Connection, di Anno Saul), che hanno esplorato la multiculturalità della società tedesca, sempre all’insegna della commedia. Una riflessione sulle comunità e il territorio, a partire proprio dall’intraducibile parola tedesca Heimat, che non può essere resa semplicemente con ‘patria’ ma come ha ricordato il regista Edgar Reitz, “non descrive soltanto il luogo della propria infanzia, ma anche la particolare sensazione che colleghiamo alle nostre origini, la sicurezza e la felicità correlate al senso di identificazione, e nello stesso tempo, la percezione di aver perso tale appartenenza”.
Continuando sul fil rouge della riflessione su ‘identità e appartenenza’ a un territorio, tra gli eventi collaterali, in collaborazione con CivicoZero, il centro diurno di San Lorenzo finanziato da Save The Children per fornire supporto e orientamento ai minori stranieri, verrà presentato un percorso fotografico a cura di Mohamed Keita, giovane e promettente fotografo ivoriano, che in Italia ha trovato asilo. Da due anni conduce un workshop di fotografia con i ragazzi ospiti del centro, mentre è più recente il lavoro di documentazione di Tor Pignattara e San Lorenzo in collaborazione con altri quattro fotografi. Il percorso fotografico presentato al Karawan Fest è un racconto dei due quartieri, visti attraverso le macchine fotografiche di nuovi e vecchi abitanti. Cinquanta immagini che svelano strade e nuovi inizi, incantando con la freschezza dello sguardo dei ragazzi e confortando con l’esperienza di chi porta un cambiamento in questo angolo di città.
“Ci siamo inventati Karawan – sottolineano i direttori artistici – come espressione del vissuto di uno dei quartieri più melting pot d’Europa: Tor Pignattara. Un laboratorio spontaneo di convivenze e sperimentazione culturale, dove non mancano problemi ma in cui da anni le persone trovano ‘naturalmente’ il modo di capirsi. E questo, soprattutto, per merito delle donne e della rete di solidarietà che sanno tessere”.