L’artista Francesca NINI Carbonini è l’unica artista italiana invitata dagli organizzatori del Burning Man a partecipare al festival che si conclude ogni anno in occasione del Labor Day.
Dal 27 agosto al 4 settembre, con un’art-performance, NINI presenta la mostra Kafka 9.0, un’interpretazione di ciò che l’artista ricerca nelle sue opere: l’alchimia come motore del cambiamento. In scena il processo creativo di vandalizzazione da cui prende vita il quadro, cifra stilistica di NINI.
Nel Deserto del Nevada ogni anno, solo per 8 giorni, sorge una città dedicata alla radicale espressione del sé: siamo a Black Rock City e questo è il Burning Man.
NINI è stata capace con la sua arte di attirare per ben due edizioni l’attenzione degli ideatori del Burning Man, che l’hanno voluta tra gli artisti, provenienti da tutto il mondo, la prima volta su selezione nell’agosto 2014 e la seconda, quest’anno, su invito.
Il Burning Man è diventato una tradizione annuale che si svolge dal 1991 in terra statunitense, un festival che si pone come punto di riferimento per chiunque desideri proporre esibizioni artistiche, mostre, performance, workshop e tutto ciò che può essere un libero sfogo della creatività e dell’individualità, in un contesto che non può prescindere però dalla collettività.
È in questo scenario che NINI porta l’installazione Kafka 9.0, una serie di 10 dipinti uniti da un fil rouge, corde rosse che caratterizzano la sua arte e che uniscono le opere in un collegamento trasversale concreto. Kafka 9.0 è infatti un racconto ciclico, una metamorfosi circolare che trasforma l’uomo in volatile e il volatile a sua volta in uomo. Da una forma all’altra emerge la consapevolezza, proprio come il protagonista della celebre opera kafkiana raggiunge la presa di coscienza solo dopo essere diventato animale.
Per il soggetto di NINI questa catarsi è continua ed evolutiva: la metamorfosi è qui un viaggio positivo e di conquista, una ricerca della verità che diviene interpretazione complessiva.
Due sono gli elementi che emergono dipinti con colori sgargianti: un uomo, a simboleggiare il genere umano in tutta la sua forza e aggressività, e un volatile, allegoria di libertà. Il copricapo vuole essere il segno distintivo del rituale di rinascita, il simbolo dell’aver trovato se stessi.
NINI spiega così come l’ispirazione incide sulla sua opera: “Una metamorfosi è una trasformazione da materia a materia, pura alchimia. Nell’arte diviene una trasformazione da spirito a spirito. È un passaggio, un dialogo per raggiungere la piena consapevolezza di se stessi e quindi la piena libertà”.
L’installazione Kafka 9.0 rivela la predilezione di NINI per i grandi formati: tutto è visibile, tutto è esposto. Si presenta come un muro, un decagono di legno con una soglia che dà all’interno dell’esposizione. “Un muro protegge, è teso verso l’alto – commenta NINI. – Nonostante la sua apparente durezza, permette una visione chiara, vicina e lontana, predominante ma non invadente, avvolgente ma non claustrofobica”.
Arte e letteratura si incrociano e si contaminano. Per l’esibizione al Burning Man, NINI si è ispirata al poemetto di T.S. Eliot “La Terra Desolata”, dal quale è riuscita a cogliere e a trasmettere a sua volta la ricerca incessante per la verità e per l’ambizione totalizzante di coscienza di sé.
Un occhio al passato, con la letteratura dei primi decenni del Novecento, e uno al futuro: Kafka 9.0 una versione di noi stessi ancora lontana, ancora in divenire che dà una chiave di lettura moderna e futurista all’intera opera artistica.