È il più interno dei quattro satelliti medicei, si distingue per la sua densità ed è un corpo celeste particolarmente vivace per la sua attività geologica: si tratta di Io, luna di Giove osservata per la prima volta da Galileo Galilei nel 1610, che torna alla ribalta per la scoperta di una nuova sorgente di calore sul suo ‘volto’.
A scorgere l’ennesimo ‘bollore’ del corpo celeste è stato Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper), uno degli otto strumenti a bordo della sonda Juno della Nasa. Jiram, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana e realizzato da Leonardo-Finmeccanica, vede la responsabilità scientifica di Alberto Adriani dell’Inaf-Iaps di Roma. Progettato per studiare la dinamica e la chimica proprio delle aurore gioviane, lo strumento ha puntato il suo sguardo elettronico anche su Io, individuando una fonte di calore vicina al polo sud che potrebbe essere indicativa della presenza di un vulcano.
I dati in questione sono stati raccolti il 16 dicembre 2017, quando la sonda Juno si trovava ad una lontananza di circa 470mila chilometri dalla luna. La nuova sorgente si trova a circa 300 chilometri di distanza da un’analoga fonte già mappata dagli studiosi, che ritengono questi ‘hot spot’ due realtà distinte.
Per un quadro più completo della situazione, il team della missione attende i dati dei prossimi sorvoli di Io da parte di Juno. La vivacità della luna era già nota, con oltre 150 vulcani attivi individuati in base ai dati raccolti da osservazioni condotte dalla Terra e da una serie di missioni di esplorazione planetaria focalizzate su Giove (come Galileo) e sui ‘colossi’ del Sistema Solare (le gemelle Voyager 1 e 2) o di passaggio nel sistema del pianeta gigante (Cassini e New Horizons). Secondo una stima dei ricercatori, i vulcani di Io che devono essere ancora mappati sono circa 250.
Lanciata il 5 agosto 2011 da Cape Canaveral, la sonda Juno è entrata nell’orbita di Giove poco più di due anni fa, il 4 luglio 2016 e il prossimo 16 luglio effettuerà il suo tredicesimo fly-by sul pianeta. Oltre allo spettrometro Jiram, Juno ha a bordo un altro strumento italiano: si tratta di KaT (Ka-Band Translator), realizzato da Thales Alenia Space Italia con la responsabilità scientifica di Luciano Iess dell’Università di Roma “La Sapienza”. Nello scorso mese di giugno la Nasa ha esteso sino al 2022 la vita operativa di Juno, che svolgerà il suo compito scientifico sino al luglio 2021.