L’origine dei fulmini che imperversano su Giove sarebbe analoga a quelli terrestri, anche se con alcune differenze. Lo ha scoperto la sonda Juno e i risultati dello studio sono stati pubblicati oggi sulla rivista Nature. «A prescindere dal pianeta in cui ci troviamo, i fulmini si comportano come dei trasmettitori emettendo onde radio quando attraversano il cielo – commenta Shannon Brown, del JPL della Nasa – finora tutte le altre sonde che si sono avvicinate a Giove come Voyager 1 e 2, Galileo e Cassini, si sono limitate a rilevamenti visivi o nella gamma dei kilohertz dello spettro radio aprendo la strada a molte teorie, nessuna del tutto esaustiva».
Uno degli strumenti a bordo di Juno il Microwave Radiometer Instrument (Mwr), è in grado di registrare le emissioni del gigante gassoso attraverso un ampio spettro di frequenze. Mwr ha rilevato ben 377 fulmini nei primi otto fly-by della sonda in megahertz e gigahertz, rilevabili anche nei fulmini terrestri. La differenza sta nella posizione del fenomeno: c’è molta attività vicino all’equatore e nessuna nei pressi dei poli, mentre sul nostro pianeta si verifica l’opposto. Secondo il parere degli scienziati la spiegazione del fenomeno è da ricercare nel calore.
La Terra infatti, lo ricava esternamente attraverso la radiazione solare: il nostro equatore ‘sopporta’ il peso di questa luce solare e l’aria umida sale verso l’alto alimentando temporali che producono fulmini. L’orbita di Giove è cinque volte più lontana dal Sole di quella terrestre: questo vuol dire che il gigante gassoso riceve 25 volte in meno luce solare della Terra. Anche se l’atmosfera di Giove riceve gran parte del suo calore dall’interno del pianeta stesso, i raggi solari fanno la loro parte, riscaldando l’equatore dei Giove molto più dei poli. Gli scienziati ritengono che questo fenomeno equatoriale riesca a creare stabilità nell’atmosfera superiore, inibendo l’aumento di aria calda dall’interno. I poli, al contrario, non beneficiano di questo calore, sono privi di stabilità atmosferica e permettono ai gasi provenienti dall’interno del pianeta di salire, guidando la convezione e creando l’ambiente adatto alla formazione di fulmini.
Un secondo articolo pubblicato sui Nature Astronomy, presenta il più grande database di emissioni radio a bassa frequenza generate da fulmini su Giove, composto da circa 1600 segnali. Questo studio è stato realizzato grazie allo strumento Waves a bordo di Juno che è riuscito a rilevare picchi di quattro fulmini al secondo, simili ai tassi osservati nei temporali sulla Terra. Gli ultimi risultati della sonda arrivano proprio nel momento in cui la Nasa, ha deciso di finanziarla fino al 2022, mentre la fine delle operazioni scientifiche è fissata per luglio 2021. Attualmente, Juno si trova su orbite di 53 giorni anziché 14 come stabilito dal piano operativo della missione, a causa di un malfunzionamento alle valvole di alimentazione. L’orbita più lunga implica una maggiore quantità di tempo per raccogliere i dati scientifici fondamentali per il completamento della missione.