Un’Agenzia per il lavoro che si focalizza esclusivamente sulle Categorie protette: è JobMeToo. Ne abbiamo intervistato il presidente e fondatore Daniele Regolo.
Come e quando nasce il vostro progetto e a chi si rivolge? Ci può fornire anche una corretta definizione di “categorie protette”?
Jobmetoo, nata nel 2012, è la risposta positiva e propositiva alle mie esperienze lavorative negative e frammentate di oltre quindici anni. Tutti gli sforzi di “collocarmi” in un posto di lavoro hanno generato risultati molto diversi rispetto alle attese. Jobmetoo è un’Agenzia per il lavoro che vuole focalizzarsi esclusivamente sulle Categorie protette, definite dalla Legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, consultabile qui, ndr) e che includono sia persone con disabilità che persone non disabili (orfani e vedove di caduti sul lavoro o in guerra, vittime del terrorismo e della criminalità, del dovere o dei loro familiari, i profughi rimpatriati).
Attualmente abbiamo in Italia una delle percentuali più alte di disoccupazione. Il disabile si trova dunque ad interfacciarsi da un lato con la crisi che colpisce il settore lavoro, dall’altro con una società che ancora non comprende appieno le potenzialità insite nella disabilità. Qual è il supporto offerto da Jobmetoo?
C’è di più: un obbligo di legge che – è corretto ricordarlo – viene disatteso dal settore privato ma anche dalla Pubblica Amministrazione. Il nostro supporto, figlio di una visione più moderna e corretta della disabilità in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle Persone con disabilità, ha come centralità la trasparenza: solo se si mettono datore di lavoro e lavoratore nelle condizioni di conoscersi al meglio, il matching sarà prossimo all’ottimale.
Citiamo testualmente dal sito “Malattia, invalidità, menomazione, deficit, handicap (spesso utilizzate in modo improprio) sono state sostituite da “funzionamento”, “attività”, “partecipazione”: termini positivi e propositivi, come delineato dall’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health, 2001). Il discorso ci interessa. Ci spieghi meglio.
A partire dagli anni Ottanta si è cercato di dare una collocazione alla disabilità, per poterla affrontare in modo sempre più specifico. Le ultime linee guida, ad oggi ancora valide, sono quelle di mettere in risalto, della persona disabile, le sue interrelazioni con l’ambiente circostante: sono le caratteristiche dell’ambiente, in altre parole, a renderci più o meno disabili rispetto alle azioni che dobbiamo compiere. Un esempio banale, ma realmente accaduto a me che sono un non udente: collocarmi ad uno sportello ospedaliero, costringendomi a lavorare in un luogo estremamente rumoroso, con un vetro che impediva la lettura labiale, unico mezzo di comprensione per me, aumentava il mio grado di disabilità.
Per finire: qual è attualmente la risposta in termini di iscrizioni al portale? Il sistema funziona?
In un anno di lavoro molto intenso abbiamo raccolto diecimila iscritti, tutti disabili o appartenenti a Categorie protette, e oltre duecento aziende, la maggior parte delle quali di grandi dimensioni. Crediamo che questi numeri siano significativi, soprattutto perché il loro trend è in crescita costante e regolare, a riprova che cerchiamo di lavorare, nel nostro team composto da persone con e senza disabilità, con dedizione e passione.