Caro direttore,
rispondendo ad un lettore a proposito delle polemiche innescate dalle dichiarazioni di Roberto Vecchioni sulla Sicilia Corrado Augias ha scritto: “…l’esperienza della Sicilia dimostra che il sistema regionale ha fallito lo scopo per cui era stato immaginato: applicare la sussidiarietà, decentrare l’amministrazione perché un governo più vicino al territorio vedesse meglio i problemi provando a risolverli. Dopo decenni di larghissima autonomia, l’esperienza siciliana dimostra che il sistema non ha funzionato” (Vecchioni, la Sicilia e il flop delle Regioni; La Repubblica, 13/12/2015). Non sono d’accordo. Secondo me l’esperienza siciliana dimostra al massimo che ha fallito l’esperienza della larghissima autonomia derivante dall’essere una regione a statuto speciale. Anche se neanche questo è del tutto vero perché il disastroso esperimento della Sicilia non può essere accomunato all’esperienza di altre regioni a statuto speciale come la Sardegna, il Trentino Alto Adige, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. Bisogna tornare al 1993 quando Robert Putnam, Robert Leonardi e Raffaella Nanetti dimostrarono che non era il sistema regionale nel suo complesso che non funzionava ma erano solo alcune regioni, quelle meridionali, che non funzionavano. Ma essi dimostrarono anche che il cattivo funzionamento di molte regioni meridionali era dovuto alla carenza di senso civico delle popolazioni di queste regioni. Questo è il punto: senza un comportamento virtuoso delle popolazioni qualsiasi marchingegno istituzionale è destinato a fallire. Ma la lezione siciliana è anche un’altra e cioè che senza un radicale cambiamento dei comportamenti sociali anche una classe dirigente non disprezzabile (si pensi, ad esempio, al Presidente della Regione e ai sindaci di Palermo, Catania e Messina) è destinata ad essere travolta.
(lettera firmata)
Caro Lettore,
le giuste considerazioni che lei fa ci fanno riflettere sulla enorme verità che sono sempre gli uomini a fare la differenza e non le architettura istituzionali, più o meno, forti tracciate sulla carta. L’autonomismo siciliano ha radici profonde ma è chiaro che è stato travisato a più riprese ed asservito a fini non proprio istituzionali (volendola dire con un eufemismo).
Se si riuscisse a valorizzare quegli “uomini delle istituzioni” che fanno la differenza, forse, saremmo a metà del compimento di una bella opera.
Auguri!