Le imprese italiane fotografate dall’Istat. L’Istituto Nazionale di Statistica ha, infatti, diffuso i primi risultati della seconda edizione della Rilevazione multiscopo, parte integrante del Censimento permanente delle imprese. Questa rilevazione ha affrontato aspetti quali il tipo di gestione aziendale e l’eventuale passaggio generazionale, gli ostacoli, le pratiche per attrarre e o trattenere personale qualificato, localizzazione dei principali concorrenti, dipendenza finanziaria da fonti esterne e da banche. I dati sono stati raccolti tra il mese di novembre 2022 e il mese di marzo 2023 e si riferiscono all’anno 2022.
Le imprese italiane coinvolte dall’Istat
Il campione utilizzato per la rilevazione dei dati ha riguardato circa 280mila imprese con 3 e più addetti. Questo tipo di azienda rappresenta un segmento importante per il nostro sistema produttivo. Il 1.021.618 di unità presenti sul territorio, infatti, costituisce il 22,5% delle imprese italiane e produce l’85,1% del valore aggiunto nazionale. Impiega 13,1 milioni di addetti (74,7%) e 11,5 milioni di dipendenti (96,0%). Delle realtà prese a oggetto di studio, il 78,9% (805mila unità) sono microimprese, cioè realtà con un minimo di 3 dipendenti e un massimo di 9, il 18,5% (189mila) sono imprese di piccole dimensioni (con 10-49 dipendenti) mentre le medie imprese (50-249 addetti) sono il 2,2% (22.861 unità) e le grandi imprese (250 addetti e oltre) lo 0,4% (3.969 unità). Il 28,7% delle imprese è attiva nel Nord-ovest, il 22,7% nel Nord est, il 21,3% al Centro e il 27,3% al Sud.
Confrontando i dati a partire dal 2018 si rileva che negli ultimi anni, il numero delle imprese è calato mentre è aumentato quello degli addetti. Nello specifico, tra il 2018 e il 2021 le imprese sono diminuite dell’1,2% (-12mila), mentre sono aumentati del 3,8% gli addetti (+480 mila).
Le piccole imprese (con 10-49 addetti) hanno registrano un leggero aumento (+3mila unità in valore assoluto tra il 2011 e il 2021), ma è diminuito il loro peso occupazionale (26,1% nel 2018; 25,7% nel 2021).
Contestualmente, è aumentato il peso occupazionale delle imprese di medie (50-249 addetti) e grandi
dimensioni (con 250 e più addetti).
In particolare, il peso delle medie imprese, in termini di occupazione, è passato dal 16,1% del 2018 al 16,9% del 2021, quello delle grandi dal 28,3% del 2018 al 29,3% del 2021.
Settori che crescono e che calano
Quali sono i settori in crescita e quelli che rallentano? La risposta a questa domanda risente molto dell’influenza della pandemia. Le conseguenze economiche scaturite dalla crisi sanitaria hanno avuto un forte impatto sul settore terziario. Nel 2018 le imprese del terziario erano il 70,4% mentre nel 2021 sono scese al 69,6%. Il livello di occupazione nel terziario è calato dal 64,0% del 2018 al 63,4% del 2021. In compenso, il settore continua a impiegare circa i due terzi degli addetti totali. I dati rilevati dall’Istat rilevano una particolare difficoltà di certi settori a tornare ai livelli pre-pandemia, come le attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento, i servizi di ristorazione e alloggio. Questi ultimi due settori registrano un calo dell’occupazione rispettivamente del 10,7% e del 6,2%. Nel loro complesso i Servizi registrano una diminuzione del 2,2% del numero delle imprese e un aumento del 2,8% del numero dei addetti.
Un settore che in questi anni sta decisamente crescendo è l’industria. Le imprese del settore sono aumentate dell’1,3% con un aumento del 5,5% degli addetti. Il peso sull’economia è del 30,4% per le imprese e del 36,3% per gli addetti. Il settore trainante è quello delle Costruzioni. Grazie alla politica degli incentivi fiscali, superbonus 110% per intenderci, si assiste a una crescita del numero delle unità del 10,2% e del 18,8% del numero degli addetti. Quello delle Costruzioni, inoltre, è l’unico settore in cui si rileva un aumento del numero di imprese e dell’occupazione delle aziende micro: +6mila imprese e +38mila addetti.
Il nodo delle risorse umane
Nel periodo post-pandemia (anni 2021-2022) un’impresa su due è stata coinvolta nell’acquisizione di risorse umane: il 45,1% delle microimprese, il 71,9% delle piccole e quasi il 90,0% tra le medie e le grandi unità. Il settore che più ha avuto bisogno di personale è stato quello delle Costruzioni. Tra le aziende al di sotto
dei 10 addetti che hanno acquisito risorse umane, due su tre hanno assunto dipendenti con contratto a
tempo indeterminato (60,6%), una su due a tempo determinato (53,6%), il 17,1% con rapporto di
collaborazione e il 4,2% con contratto di somministrazione.
Il rapporto Istat rileva anche gli ostacoli per l’acquisizione delle risorse umane. Riguardo a queste difficoltà, il 43,2% delle imprese lamenta l’impatto di oneri fiscali e contributivi troppo elevati, il 38,2% si dice incerto sulla sostenibilità futura dei costi delle nuove risorse, il 28,8% lamenta difficoltà nel reperimento di personale con le competenze tecniche necessarie e il 15,2% ha problemi di natura finanziaria. Secondo le aziende intervistate sarebbe difficile trovare personale non solo con competenze tecniche ma anche con competenze trasversali, le cosiddette soft skill come il problem solving, la capacità di lavorare in team e l’adattabilità a nuovi contesti.
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