(Adnkronos) – “Solo quando avremo una telefonata da parte di una autorità, che sia il governo o l’esercito, che ci darà informazioni certe sui nostri cari in ostaggio, allora potremmo crederci. Troppe le notizie circolate e poi smentite dai fatti”, “siamo scottati”. Così ad Adnkronos Yaniv Yaakov, zio del 12enne Yagil, apparso due settimane fa in un video della Jihad islamica palestinese che ne annunciava il rilascio imminente per questioni umanitarie dopo essere stato rapito dal Kibbutz Nir Oz lo scorso 7 ottobre. Rilascio che non è ancora avvenuto, ma che oggi potrebbe sembrare più vicino mentre si rincorrono le voci di un possibile accordo imminente mediato dal Qatar, mentre si attende di vedere la lista degli ostaggi che verranno liberati e che Doha diffonderà. Yaniv ricorda la gioia e poi lo sconforto dopo aver visto il nipote nel filmato. Ricorda che si sono “alzati da tavola e hanno urlato di gioia”, poi si sono “messi a ballare in cucina, eccitati” Yaniv e la sua famiglia. “Hanno detto che lo avrebbero rilasciato”, che la sua liberazione era “imminente”, ricorda Yaniv il cui figlio “ha solo un anno in meno di Yagil ed è molto legato a lui, per lui è come un fratello maggiore”. Ma ad oggi Yagil, così come anche il fratello di 16 anni Or, il padre Yair e la compagna di lui Meirav Tal, sono ancora nelle mani dei rapitori. “Quando abbiamo capito che non lo avrebbero rilasciato veramente, che era solo un altro trucco psicologico, è stato un colpo psicologico durissimo: da allora non hanno liberato né lui, né nessun altro”, afferma Yaniv. Tuttavia, aggiunge, “abbiamo cercato il lato positivo. Abbiamo visto Yagil, lo abbiamo visto parlare. Sembrava un po’ debole e siamo molto preoccupati perché ha una allergia gravissima alle noccioline”, ma vederlo “ci ha dato anche molta forza, come famiglia”, la forza di “raccontare al mondo cosa è successo e cosa non deve più succedere, il rischio che tutta l’umanità sta correndo perché questa non è una guerra contro gli israeliani, ma contro la pace”. Spiegare ad esempio che “non si può andare in piazza a manifestare il proprio sostegno a una organizzazione terroristica, perché tutto il mondo è in pericolo”.
Ieri Yaniv Yaakov ha avuto un incontro con ministri del governo israeliano per parlare della “situazione degli ostaggi, per fare il punto della situazione di quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo”. Imprudente sarebbe diffondere i dettagli dell’incontro di ieri sera, “è una questione troppo delicata”. Un rilascio che la nonna di Yair “continua a elemosinare”, racconta Yaniv, “mia madre vive agonizzante da quel 7 ottobre. Io sono lo zio, a lei hanno rapito il figlio e i nipoti. Da allora sta elemosinando al mondo di fare qualcosa perché vengano rilasciati”. Yaniv, che vive a Gan Yavneh nel centro di Israele, vuole quindi “rivolgere un appello per il rilascio della mia famiglia e di tutti gli ostaggi. Perché sono civili e non hanno alcun modo per proteggersi. Perché i terroristi sono andati nella loro casa, che è il posto più sicuro per tutti, o almeno così dovrebbe essere, e li hanno presi. E’ inammissibile”. Un appello, Yaniv lo estende alla “Croce Rossa internazionale, il minimo che dovrebbe fare è farci avere un segnale che tutti gli ostaggi ricevono le cure di cui hanno bisogno, che sono in buona salute”. Ma la crisi degli ostaggi, prosegue, non riguarda solo Israele e avverte: “State attenti, nessuno è al sicuro”. Ed è per questo, chiede, che ”il mondo deve restare unito e combattere insieme la minaccia. Perché in Israele sono entrati nelle case e hanno ucciso e rapito donne, bambini, anziani, uomini. Questo è incredibile”. Ma “abbiamo visto anche molta violenza per le strade dell’Europa e questo non dovrebbe accadere, non dovrebbe diventare pericoloso anche solo camminare per strada. Questo va impedito”.
Secondo Yaniv ”quello che il mondo deve capire è questo: la situazione è pericolosa per tutti, per l’umanità intera. Proprio per questo che serve un’azione comune per la pace, non mi stancherò mai di ripeterlo”. Yaniv Yaakov, che lavora nella direzione dell’azienda informatica VMware, aggiunge che ”siamo cresciuti con la convinzione che tutti, dall’altra parte, hanno una madre. E dobbiamo essere comprensivi per la loro situazione. Ma so e credo che non siano cresciuti allo stesso modo” i palestinesi di Hamas. Perché nell’attacco sferrato il 7 ottobre ”sono stati brutali nei confronti di bambini e di persone innocenti. Non se ne sono preoccupati”. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)