(Adnkronos) – La 74enne attivista per la pace canadese-israeliana, Vivian Silver, che si temeva fosse stata presa in ostaggio da Hamas il 7 ottobre, è stata trovata morta nel kibbutz di Be’eri. Lo ha riferito la famiglia ai media canadesi e lo ha confermato il console generale di Israele a Toronto, Idit Shamir.
“Una tragica notizia: Vivian Silver, l’attivista pacifista canadese-israeliana che si pensava fosse stata presa in ostaggio, è stata trovata morta, uccisa da Hamas nel kibbutz Be’eri. I nostri cuori vanno alla sua famiglia e ai suoi amici. Che la sua memoria sia una benedizione”, ha dichiarato Shamir in un post su X. Resta da chiarire come i resti siano stati identificati o perché ci siano volute quasi cinque settimane.
Il figlio di Silver, Yonatan Zeigen, ha dichiarato alla Cbc che i resti della madre erano stati trovati in precedenza nel kibbutz, ma sono stati identificati solo nelle ultime ore. Silver, nata e cresciuta a Winnipeg, viveva nel kibbutz Be’eri dal 1990. Da sempre in prima linea per il dialogo fra israeliani e palestinesi, la mattina dell’attacco Silver era al telefono con la sorella quando si sono sentite delle urla e la conversazione si è interrotta bruscamente. Negli ultimi messaggi inviati agli amici, raccontava che uomini di Hamas erano entrati in casa.
“Stanno arrivando, mi sono nascosta dietro la porta dell’armadio”, si leggeva. Vivian Silver non era una donna come le altre. Emigrata nel 1974 dal Canada, di cui era ancora cittadina, si è sempre battuta per il dialogo fra israeliani e palestinesi. Fin dall’inizio ha vissuto al kibbutz Bee’ri con il marito, ora defunto, e i due figli. La vicinanza con Gaza era per lei un motivo in più per creare ponti. Per anni Silver è stata nel board di B’Tselem, la maggiore organizzazione israeliana per i diritti umani.
Vivian Silver
Nel 1998, Silver è diventata direttore esecutivo del Negev Institute for Strategies of Peace and Development, una ong basata a Beersheva per promuovere una società condivisa fra arabi e israeliani. Assieme all’attivista beduina Amal Elsana Alh’jooj, aveva fondato il Centro Arabo Ebraico per la parità, l’empowerment e la cooperazione.
Aveva lavorato molto con la comunità beduina presente a Gaza. E grazie a lei nel kibbutz furono organizzati corsi professionali per gli abitanti di Gaza. Fu sua anche l’idea di organizzare conversazioni del venerdì, in cui membri del kibbutz parlavano al telefono con residenti di Gaza.
Responsabile dell’edilizia nel kibbutz, Silver aveva anche fare con operai palestinesi. Un amico, intervistato da The Canadian jewish news, ha ricordato come una volta si recò a Gaza per pagare gli stipendio, dopo che era stato revocato il permesso degli operai di entrare in Israele.
Attivista per la pace
Anche quando la situazione fra Gaza e Israele si è fatta più difficile, Silvan non ha mai abbandonato il suo attivismo. Lavorava come volontaria per accompagnare a Gerusalemme palestinesi malati di cancro cui veniva dato il permesso di uscire da Gaza per le cure. Diventata nonna nel 2014, Silvan aveva ridotto il suo impegno.
“Devo prendere atto che in 40 anni di pacifismo, la sinistra di cui sono un membro orgoglioso, non è riuscita nel raggiungere l’obiettivo di mettere fine al conflitto israelo-palestinese, scriveva sul suo blog nel 2018. Ma poi era rimasta coinvolta in Women Wage pace, una gruppo di donne di varie comunità israeliane, impegnate nel chiedere ai politici una soluzione diplomatica al conflitto.
“Vivere al confine con Gaza è per me un fattore importante. Sono guidata dall’intenso desiderio di sicurezza e vita di mutuo rispetto e libertà per i nostri due popoli. Il pensiero di un’altra guerra mi fa diventare matta. Come le ultime tre, non risolverà il conflitto. Porterà solo altri morti e feriti”, aveva scritto di recente.
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