(Adnkronos) – Un accordo “prendere o lasciare”. Per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio degli ostaggi trattenuti nell’enclave palestinese dall’attacco del 7 ottobre scorso in Israele. Fra gli ostaggi ci sono cittadini Usa e l’Amministrazione di Biden lavora da mesi con Egitto e Qatar per definire un’intesa.
Criticato anche per le ‘nuove’ richieste, come quella di mantenere una presenza militare israeliana lungo la Philadelphi Route e il ‘corridoio’ di Netzarim, due aree strategiche, una al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto e l’altra a sd di Gaza City. Per Dennis Ross, ex ambasciatore americano in Israele, difficilmente cambierà posizione il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, perché – ha osservato, come riporta il Post – nessuno è in grado di fare pressioni su di lui, ma resta da vedere se il pressing all’interno di Israele possa costringere Netanyahu a un impegno ‘più serio’ nei negoziati.
“Per ora (Sinwar) aspetterà di vedere se lo sciopero generale in Israele porterà a un ammorbidimento delle condizioni di Netanyahu – ha detto Ross in un’intervista – Lo sciopero è a sostegno dei parenti degli ostaggi e del loro punto di vista secondo cui è fallita la strategia di Netanyahu, sia per quanto riguarda i negoziati che per l’aumento della pressione delle forze israeliane (Idf) su Hamas”.
“Retorica a parte, Netanyahu non ha mai dato priorità alla liberazione degli ostaggi. Per ora, sarà sotto forti pressioni interne per accettare un accordo di cessate il fuoco che salvi i restanti ostaggi – ha commentato Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che lavorò ai negoziati israelo-palestinesi del 2014 – Se aspetta, con il tempo un minor numero di ostaggi vivi potrebbe significare un minor numero di prigionieri palestinesi da liberare e quella che considera una posizione negoziale più favorevole”.
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