(Adnkronos) – Il negoziato sugli ostaggi in mano ad Hamas si sta definendo attorno ad una proposta di liberazione di almeno 50 fra donne e bambini, ma la strada verso la fumata bianca non è ancora tracciata del tutto. Il gabinetto di guerra di Israele ne ha ancora parlato in una riunione la scorsa notte. E una delle principali incognite è Yahia Sinwar, il capo di Hamas nella Striscia di Gaza.
La settimana scorsa, quando l’esercito israeliano è entrato all’ospedale Shifa a Gaza, Sinwar ha tagliato i contatti con i mediatori del Qatar per diversi giorni, ma apparentemente li ha ripresi. Sia gli israeliani che gli americani ritengono che sarà lui a dire l’ultima parola da parte palestinese, non la leadership di Hamas all’estero. Gli israeliani, scrive Haaretz, ritengono che Sinwar sia ancora “euforico” per il successo del massacro del 7 ottobre e per questo continui a mantenere una posizione negoziale molto dura, ignorando le sofferenze della popolazione di Gaza.
Ma proprio a causa di Sinwar, considerato meno razionale degli Hezbollah libanesi, alcuni sostengono che Israele dovrebbe cogliere ogni opportunità di accordo, in modo di liberare al più presto il maggior numero possibile di persone. C’è sempre infatti il rischio che la guerra si intensifichi e Sinwar chiuda ogni negoziato. Altri, come il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore Herzl Halevi ritengono invece che mantenere la pressione militare su Hamas serva anche ad aumentare le possibilità di un accordo sugli ostaggi.
A quanto riferisce il Wall Street Journal, Israele non vuole liberare detenuti palestinesi in cambio degli ostaggi. Il possibile accordo di cui si parla, riferisce la Cnn, comprende pause nei combattimenti di 4-5 giorni in cambio di una iniziale liberazione di una cinquantina di ostaggi, con la possibilità che ad altre pause seguano altri rilasci di 20-25 persone. “Pensiamo di essere più vicini ad un accordo di quanto siamo mai stati“, ha detto alla Cnn il vice consigliere americano per la Sicurezza Nazionale, Jon Finer. Si discute anche sull’invio di camion di aiuti. Hamas ne avrebbe chiesti 500 al giorno. Ma fonti vicine ai negoziati riferiscono che è difficile inviarne più di 200 al giorno per motivi logistici.
E ci sono nodi irrisolti sulle ispezioni dei camion, i valichi di ingresso e le assicurazioni sul fatto che gli aiuti vadano ai civili e non ad Hamas. A questo riguardo Hamas avrebbe respinto l’idea di un controllo di droni sull’itinerario dei camion. Intanto anche l’ambasciatore israeliano a Washington, Michael Herzog, fratello del presidente Isaac Herzog, appare cautamente ottimista. “Spero” che vi sia un accordo “nei prossimi giorni, ha detto ad Abc news. “Siamo pronti per una pausa (nei combattimenti ndr), in cambio di un significativo numero di ostaggi“, ha affermato.
Sono circa 240 le persone prese in ostaggio da Hamas il 7 ottobre. Fra loro anche bambini molto piccoli, anziani, una donna che avrebbe partorito in cattività. Vi sono anche arabi israeliani, oltre a lavoratori nepalesi e thailandesi, due dei quali sono apparsi ieri feriti in un video delle telecamere di sorveglianza dell’ospedale Shifa. Quattro donne ostaggio sono state rilasciate in due volte, una è stata liberata dai militari israeliani e di altre due è stato purtroppo trovato dai soldati solo il corpo. Uno dei problemi, riferisce il Wall Street Journal, è che Hamas non conoscerebbe tutti i luoghi dove sono tenuti gli ostaggi. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)