(Adnkronos) – Sembra che un nuovo accordo sugli ostaggi non fosse una priorità per la delegazione israeliana che ha partecipato al Cairo ai negoziati con Egitto, Usa e Qatar. Secondo Haaretz la delegazione guidata dal capo del Mossad, David Barnea, già rientrata in Israele, aveva un margine di manovra limitato dal momento che il primo ministro, Benjamin Netanyahu, non ha fretta di raggiungere un accordo.
Il capo del governo israeliano, sottolinea il giornale nella sua edizione web, non avrebbe dato alla delegazione il potere di condurre un vero e proprio negoziato e continua a insistere sul fatto che le pressioni militari alla fine porteranno a un accordo con condizioni migliori per Israele, indipendentemente dalle proteste delle famiglie degli ostaggi.
“Netanyahu non ha fretta di raggiungere accordo su ostaggi”
Tel Aviv ha definito inaccettabili finora le richieste avanzate da Hamas, rappresentato dal Qatar al tavolo delle trattative, ma che lo stesso Netanyahu non creda molto a un accordo in questa fase lo dimostra anche l’assenza nella delegazione volata ieri al Cairo del generale Nitzan Alon, a capo dell’unità dell’esercito incaricata di raccogliere intelligence sugli ostaggi. Haaretz ricorda che al centro della conversazione telefonica di domenica tra il presidente Joe Biden e Netanyahu ci sono stati proprio gli sforzi degli Stati Uniti per arrivare a un’intesa.
Dopo quel colloquio le forze speciali israeliane hanno tratto in salvo due ostaggi – Louis Norberto Har e Fernando Marman – mentre Netanyahu ha adottato pubblicamente una linea molto aggressiva, ribadendo di non voler cedere alle richieste di Hamas, che Israele continuerà a usare la forza per cercare di salvare gli ostaggi, che continuerà la pressione militare su Hamas a Khan Yunis e che l’esercito si prepara ad attaccare Rafah nonostante gli appelli internazionali.
Secondo il giornale, il problema della strategia di Netanyahu è la condizione degli ostaggi stessi: 32 dei 134 rimasti a Gaza sono stati dichiarati morti dalle forze di difesa israeliane. E mentre rimane sotto un’intensa pressione militare, Hamas sta cercando di esercitare pressione psicologica sull’opinione pubblica israeliana. Negli ultimi giorni si è parlato di ostaggi uccisi durante i bombardamenti israeliani. A differenza del passato, però, non sono state identificate le presunte vittime. I colloqui al Cairo si stanno svolgendo mentre Israele continua il suo attacco a Khan Yunis, dove ritiene che siano rimasti diversi leader di Hamas e probabilmente siano tenuti alcuni ostaggi.
Ecco perché
Si sta compiendo un grande sforzo per dare la caccia a Yahya Sinwar, che – secondo Haaretz – probabilmente è ancora nascosto nel labirinto di bunker e tunnel che Hamas ha scavato per il suo leader sotto la città. Recentemente sono stati ritrovati non solo documenti scritti da Sinwar, ma anche circa 20 milioni di shekel (5,4 milioni di dollari) in contanti, che erano per uso personale suo e del suo staff.
Soldati e agenti del servizio di sicurezza Shin Bet hanno persino trovato gli effetti personali in uno dei nascondigli, compreso il suo spazzolino da denti. Intanto ieri sono state diffuse le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza di Hamas di Sinwar che si muoveva con i figli tra i tunnel il 10 ottobre, durante i primi giorni della guerra. Haaretz sostiene quindi che Khan Yunis resterà il centro delle operazioni delle Idf ancora per qualche settimana.
Allo stesso tempo si sta preparando un assalto a Rafah, con gli Stati Uniti che in più occasione hanno chieste garanzie sull’evacuazione dei civili. I preparativi per un’offensiva di questa portata richiedono tempo, e poi c’è il problema dell’inizio del Ramadan, che prenderà il via tra circa un mese. Sarà difficile, conclude il giornale, avviare un’operazione su larga scala a Rafah in un periodo così delicato per il mondo arabo e musulmano. Inoltre, Israele deve coordinare i suoi piani con l’Egitto per evitare di mettere a repentaglio l’accordo di pace tra i due Paesi. Uno dei problemi riguarda l’allegato sulla sicurezza dell’accordo, che vieta l’ingresso di carri armati nelle zone vicine al confine.
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