(Adnkronos) –
Una giornata chiave per la tregua nella Striscia di Gaza mentre l’Onu lancia il nuovo allarme per Rafah: in caso di attacco di Israele “si rischia un massacro”. Le forze armate israeliane continuano l’offensiva che pare destinata a concentrarsi sulla città che accoglie attualmente oltre 1.5 milioni di palestinesi. Dal Cairo, intanto, potrebbero arrivare segnali importanti sulla possibilità di arrivare al cessate il fuoco. “Il quadro diventerà più chiaro entro le prossime 24 ore”, dice una fonte di Hamas alla Cnn, aggiungendo che “c’è una determinazione chiara e forte tra i mediatori per raggiungere un’intesa sul cessate il fuoco e avviare un processo di scambio per liberare i prigionieri da entrambe le parti e portare cibo, rifornimenti, forniture mediche e benzina” a Gaza.
Un funzionario di alto livello al corrente dell’andamento dei negoziati dice alla tv americana che i colloqui stanno “andando avanti”, ma sottolinea che le parti non sono ancora “vicine” a un accordo finale. Parallelamente, a Doha è arrivato il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, che ha incontrato il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Il ministro e Haniyeh, fa sapere l’agenzia iraniana Irna, hanno parlato della “situazione della guerra a Gaza a livello politico e operativo, della necessità di porre fine all’aggressione e ai crimini del regime sionista contro la popolazione di Gaza e della Cisgiordania e dell’invio immediato di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza”.
Dal Cairo è ripartita la delegazione israeliana, come rende noto il Times of Israel, dopo una serie di incontri con il capo della Cia William Burns, il primo ministro qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani e alcuni funzionari egiziani. Secondo una fonte citata dal quotidiano, la delegazione israeliana condotta dal capo del Mossad David Barnea e dal direttore dello Shin Bet Ronen Bar si è recata in Egitto “per ascoltare” senza formulare alcuna offerta. Secondo l’emittente israeliana Kan, l’ordine di “ascoltare” sarebbe partito direttamente dal premier Benjamin Netanyahu che avrebbe bloccato uno schema di proposta elaborato dal Mossad, dallo Shin Bet e dal generale Nitzan Alon, che coordina le operazioni di intelligence relative agli ostaggi. Proprio per lo stop imposto dal premier, Alon avrebbe deciso di non andare al Cairo.
Tel Aviv avrebbe deciso di inviare una delegazione soprattutto dopo le ultime pressioni Usa, rinnovate nella telefonata di domenica tra il presidente americano Joe Biden e Netanyahu. Israele continua a ritenere “irragionevoli” le richieste di Hamas relative ad un cessate il fuoco permanente, al ritiro delle truppe israeliane da Gaza, alla ricostruzione dell’enclave e alla liberazione di 1500 detenuti palestinesi.
La parte israeliana è orientata ancora a seguire lo schema delineato a Parigi due settimane fa, con una tregua articolata in 3 fasi: nel primo step di 6 settimane verrebbero liberati 35-40 ostaggi. I militari verrebbero liberati in una fase successiva, quindi verrebbe concordata la restituzione dei corpi dei morti e verrebbe discussa la liberazione di detenuti palestinesi.
Mentre i canali rimangono aperti su più fronti, Israele continua l’operazione di terra. E’ il capo di stato maggiore delle forze di difesa (Idf), il generale Herzi Halevi, a fare il punto della situazione. Se dovesse scattare la tregua, l’esercito “saprebbe come riprendere” l’offensiva per smantellare Hamas. Rispetto ad ottobre, quando è iniziata l’offensiva, secondo il generale la situazione è “decisamente migliore” dal punto di vista della sicurezza. “Stiamo costruendo un quadro molto più sicuro”, afferma.
L‘esercito non ha ancora presentato un piano di evacuazione per la popolazione da Rafah, dove si sono rifugiati circa 1,6 milioni di palestinesi, spiega alla Cnn il portavoce delle (Idf) Peter Lerner. “Il governo ha incaricato l’Idf di elaborare un piano per raggiungere i nostri obiettivi, i nostri obiettivi di guerra, nell’area di Rafah. Il piano deve ancora essere presentato, ovviamente, al governo”, precisa.
Lerner dice che l’obiettivo dell’esercito è quello di creare un piano che permetta di evacuare i civili portandoli “fuori pericolo“, in modo che siano differenziati dai militanti di Hamas. Si ritiene che, in seguito agli ordine di evacuazione per il nord e il centro della Striscia di Gaza, metà della popolazione dell’enclave palestinese si trovi ora a Rafah. Distinguere civili e miliziani di Hamas, secondo Lerner, “si può fare. Abbiamo fiducia nella nostra capacità di differenziare e distinguere”. Altrimenti, “l’alternativa è arrendersi a Hamas e sacrificare 134 persone”.
Il capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, esprime nuovamente profonda preoccupazione per il previsto attacco israeliano a Rafah, dove più della metà della popolazione di Gaza potrebbe essere a rischio di “massacro” se la campagna dovesse procedere. “Lo scenario che temevamo da tempo si sta svelando a una velocità allarmante”, ha affermato Griffiths su X.
“Lancio ancora una volta l’allarme: le operazioni militari a Rafah potrebbero portare a un massacro a Gaza. Potrebbero anche lasciare un’operazione umanitaria già fragile in punto di morte”. Le Idf continuano a braccare Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza. Israele ha diffuso un video che mostra Sinwar, insieme al fratello Ibrahim, ad una moglie e ai figli, in fuga attraverso uno dei tunnel scavati sotto Khan Yunis, nel sud dell’enclave palestinese. Il filmato, che dura circa un minuto, è stato girato dalle telecamere di sorveglianza di Hamas il 10 ottobre ed è stato recuperato dalle truppe dell’Idf che operano nella città. Si vedono Sinwar ed i suoi familiari guidati da un operativo di Hamas che li conduce da un tunnel a un altro di Khan Yunis. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)