(Adnkronos) – Un’importante vittoria morale per Israele, oltre che un enorme successo operativo. Ma anche un test per Hamas, che provvederà così ad affinare la sorveglianza sugli ostaggi in modo da evitare che si ripeta. Tanto che l’unica strada, per riportare a casa gli ostaggi ancora nella Striscia di Gaza, resta quella di un accordo. Così il quotidiano Haaretz descrive l’operazione militare congiunta dello Shin Bet e della polizia che ha portato al salvataggio di due ostaggi con doppia cittadinanza israeliana e argentina rapiti dal Kibbutz Nir Yitzhak e trattenuti nel campo profughi densamente popolato di al-Shabura a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
Un risultato notevole, ottenuto dopo lunghi preparativi di intelligence ed eseguita da diverse unità d’élite, con una notevole assunzione di rischi politici e professionali da parte di chi ha approvato l’operazione. ”E’ il tipo di buona notizia che la popolazione israeliana aspettava da tempo”, scrive il quotidiano mentre per le strade di Tel Aviv continuano le proteste delle famiglie degli ostaggi.
Chi sono gli ostaggi liberati a Rafah
Allo stesso tempo, il quotidiano sottolinea che ”sarà difficile ripetere questo successo nonostante la pressione che l’esercito esercita su Hamas, che certamente trarrà insegnamento dall’esperienza individuando i punti deboli del salvataggio che potrà sfruttare”. I miliziani, quindi, chiederanno a chi detiene gli ostaggi israeliani di essere più vigili. E’ la seconda volta, dall’inizio della guerra, che i militari israeliani riescono a liberare ostaggi vivi. Prima di loro, a fine ottobre, l’esercito aveva tratto in salvo Ori Megidish, una soldatessa prelevata dalla base militare di Nahal Oz. Nelle scorse ore a tornare liberi sono stati Fernando Marman, 61 anni, e Louis Har, 70, trovati in buone condizioni, come ha spiegato il portavoce dell’Idf Daniel Hagari, e hanno potuto riabbracciare i loro cari.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso su ‘X’: ”Non perderemo nessuna occasione per riportare a casa i nostri rapiti”. Quindi ”avanti con la massima pressione militare”, ha aggiunto Netanyahu, ma nella Striscia di Gaza ci sono ancora 134 ostaggi oltre a trenta ritenuti non vivi. Sono tenuti sotto stretta sorveglianza, per cui sarà difficile liberare gli altri ostaggi, scrive Haaretz. Ci potranno quindi essere ”altri successi occasionali simili a quello di questa settimana”, aggiunge il giornale. Ma alla fine, se davvero si vogliono liberare gli ostaggi, ”Israele dovrà raggiungere un accordo”. Grande attesa, quindi, per l’arrivo domani al Cairo del direttore della Cia William Burns. Grazie a lui dovrebbero riprendere i negoziati indiretti con Hamas, anche con la collaborazione dei funzionari dell’intelligence dell’Egitto e del Qatar.
Le minacce dell’Egitto
Con attenzione al fatto che l’Egitto ha minacciato di sospendere il trattato di pace con Israele se davvero invade Rafah, dove si sono rifugiati milioni di sfollati palestinesi proprio dopo aver seguito gli ordini di evacuazione provenienti da Tel Aviv. La necessità di un accordo sugli ostaggi si rende necessario anche alla luce del fatto che finora le operazioni di salvataggio nella maggior parte dei casi non hanno avuto successo a causa della difficoltà di garantire che la vita degli ostaggi non fosse messa a rischio. Haaretz spiega che purtroppo ci sono stati diversi casi in cui Hamas ha ucciso i suoi prigionieri per paura che l’Idf fosse vicino a liberarli.
Tra i soldati israeliani è comunque sempre più forte, nelle ultime settimane, questo sentimento e impegno per ottenere il rilascio degli ostaggi. Oltre alla necessità di sconfiggere Hamas, le truppe hanno più volte espresso il desiderio di liberare gli ostaggi e la disponibilità a rischiare la propria vita per farlo. E lo dimostra anche l’ultima operazione di salvataggio. Per liberare i due ostaggi argentini, scrivono i media israeliani, i militari hanno scortato gli ostaggi con i loro corpi. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)