La scorsa domenica le acque di Skalabotnur, nell’isola di Eysturoy, si sono tinte di rosso. L’inquietante scenario si è aperto ai presenti increduli dopo che in una sola giornata sono stati uccisi ben 1500 delfini. Uccidere delfini è un rituale antico nelle isole Faroe ma i numeri raggiunti quest’anno, con le immagini diventate virali in poche ore, hanno scritto un grosso punto interrogativo nella sua storia.
La mattanza dei delfini nelle Isole Faroe
La pratica della “Grindadráp”, che in italiano possiamo tradurre con “caccia alla balena”, affonda le sue radici nel XII secolo, ai tempi dei Norreni, un popolo germanico che abitava le zone comprese tra l’Europa settentrionale e la Scandinavia meridionale. A quei tempi la caccia alla balena costituiva la principale fonte di sostentamento per i Norreni. La carne era consumata ai pasti, il grasso usato come olio da combustione mentre con la pelle erano realizzate corde e funi. Nelle isole Faroe, arcipelago formato da 8 isole al largo dell’Oceano
Atlantico settentrionale, tra Islanda e Norvegia, si seguono ancora le regole di una volta. I pescatori, o meglio i cacciatori, escono al largo e quando avvistano un branco di balene (altri cetacei o delfini) si dispongono a semicerchio circondando i pesci e costringendoli a nuotare verso la riva fino a spiaggiarsi. Una volta a riva, l’animale viene ucciso rapidamente. I racconti dicono che appena i cetacei arrivavano sulla spiaggia, gli abitanti del villaggio chiamavano con dei fuochi gli abitanti delle altre isole che accorrevano per lavorare l’animale.
Da tradizione a scempio
La caccia alle balene avviene, in genere, in estate e ogni anno vengono uccisi, in media, circa 600 balene e 40 delfini. Quest’anno si è raggiunto un numero molto più alto: in un solo giorno sono stati uccisi 1.500 delfini, tra questi anche femmine incinte ed esemplari giovani. Un record che finora era detenuto dall’anno 1940 quando erano stati uccisi 1.200 delfini. Se si considera
che quando vengono portati a riva, per non farli soffrire, viene praticato loro un taglio profondo sul dorso che recide le principali arterie, si capisce che spettacolo macabro si sia presentato agli occhi dei passanti la scorsa domenica. Le immagini dei delfini morti sulle isole Faroe non parlano di tradizione, non parlano di un secolare rito collettivo ma di una vera e propria mattanza.
L’appello degli ambientalisti
Il macabro record ha suscitato le reazioni di associazioni ambientaliste, come Sea Sheperd, che da anni si oppongono a questa pratica, e della popolazione locale. Perfino il presidente dell’Associazione balenieri delle isole, Olavur Sjurdarberg, ha dovuto ammettere il grave errore commesso. Pur avendo il governo locale assicurato che la caccia ai globicefali sia sostenibile grazie all’elevato numero di esemplari presenti nelle acque dell’Atlantico, il primo ministro delle isole Faroe, Bardur a Steig Nielsen, ha assicurato le norme che regolano la caccia alla balena saranno riviste.