L’Italia è ormai un Paese in cui le contraddizioni sono portate all’ennesima potenza ed è così politicamente gelatinoso da risultare, non solo, sempre più odiosamente lontano dai cittadini, ma anche sempre più con una ‘classe dirigente’ prevaricatrice, forte con i deboli e debole con i forti
Coincidenze? Mode? Chi può dirlo? Una cosa è certa, chi legge i giornali ed ascolta la tv o la radio troverà un’analogia strana e imbarazzante. Le due notizie più pregnanti, la manovra finanziaria aggiuntiva e l’accordo per la riapertura dello stabilimento Fiat di Pomigliano, vengono definite con le stesse identiche parole: “irricevibile e incostituzionale”. L’Italia, costretta, allo specchio non può fare a meno di mostrarsi per quello che è realmente: un Paese in cui le contraddizioni sono portate all’ennesima potenza ed è così politicamente gelatinoso da risultare, non solo, sempre più odiosamente lontano dai cittadini, ma anche sempre più presupponente e forte con i deboli e debole con i forti. Così, Tremonti da un lato e Marchionne dall’altro sono chiamati ad interpetrare la parte dei “cattivi” di turno verso i quali riverberare improperi. Quello che faremo adesso è una semplice opera di velinatura giornalistica, che però serve a rendere conto di questo clima che abbiamo descritto, direttamente dalle parole degli interessati. Capitolo primo: la manovra.
Le Regioni bocciano la manovra correttiva varata dal Governo. ”E’ irricevibile ed incostituzionale” hanno spiegato i Governatori in una conferenza stampa. ”La manovra è stata costruita dal governo senza condivisione né sulle misure né sull’entità del taglio, riproponendo una situazione di assenza di coinvolgimento diretto” spiegano le Regioni nel documento approvato all’unanimità . I tagli contenuti nella manovra correttiva, secondo Vasco Errani presidente della conferenza delle Regioni, ”non cadono sulle regioni come enti ma sui cittadini e sulle imprese”. In più, ha anche spiegato che quella delle regioni ”non è una posizione corporativa o di schieramento partitico”, ma è la sintesi unanime che i governatori hanno trovato. Il Governatore della Lombardia Formigoni: ”C’è un rischio di incostituzionalità della manovra, dal momento che la Corte Costituzionale afferma che deve esservi un collegamento diretto tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio”. Quello del Lazio Polverini: “Se la manovra correttiva non dovesse essere modificata, la regione Lazio sarebbe costretta a tagliare 400 milioni di euro dai fondi destinati al trasporto pubblico locale”. Chiodi dell’Abruzzo: ”Si tratta di una manovra durissima che le Regioni non sono assolutamente in grado di sostenere”. De Filippo della Basilicata: “I tagli contenuti nella manovra correttiva possono produrre molti danni al Paese”. Cota del Piemonte: ”Quello che mi preme sottolineare è che non vengano colpite le regioni virtuose”. In buona sostanza, e trasversalmente, il giudizio è non solo negativo ma addirttura allarmato e nessuno crede che con la manovra si arrivi a nulla di buono. Alla fine, però, la manovra c’è e si farà perchè così hanno deciso e questo è un Paese che deve solo subire.
Capitolo Secondo: l’accordo azienda-sindacati per la riapertura dello stabilimento G. Vico di Pomigliano.
“E’ un testo irricevibile, che va oltre le questioni relative allo stabilimento, che pone problemi seri di contrasto alla Carta costituzionale per quanto riguarda il diritto di sciopero,e deroga alle leggi e al contratto nazionale”. Così il responsabile del settore auto della Fiom, Enzo Masini, ha motivato il no all’accordo su Pomigliano. lavoratori – ha aggiunto – sono messi in condizione di ricatto. E anche un referendum non è possibile sotto la minaccia di chiusura di uno stabilimento. Questo – ha aggiunto – é un referendum anomalo, nel senso che viene fatto: ‘Vuoi lavorare o vuoi essere licenziato?'”. Masini, mentre gli altri sindacati dei metalmeccanici ponevano la propria firma sul documento presentato dalla Fiat, si è alzato ed ha lasciato il tavolo. Anche qui vi propioniamo una sfilza di commenti che, a differenza della manovra sono diverso segno: da un lato lo striminzito ma strenuo baluordo eretto dalla FIOM-CGIL e dall’altra la pletora di politici ed esperti(?!) che danno il loro ‘disnteressato’ placet al piano Marchionne per il rilancio di Pomigliano. Per l’UGL “E’ un accordo positivo, abbiamo raggiunto un obiettivo di vitale importanza: per la prima volta nella storia riusciamo a riportare una macchina in Italia”. Il ministro Sacconi: A Pomigliano “c’é un sindacato che coraggiosamente si mette in gioco, si compromette e accetta la sfida della competitività “. L’accordo su Pomigliano “é la rivincita dei riformisti su tutti gli altri”. Schifani, Presidente del Senato, “Pomigliano è un banco di prova per tutti. Non può e non deve prevalere la logica dei veti incrociati”. Fini, Presidente della Camera, “Cosa ha chiesto Marchionne? Solo più turni di lavoro e di combattere l’assenteismo”. Il sindaco di Pomigliano ha quindi voluto chiosare con una perla di saggezza: “Dai risultati del referendum emergerà la stragrande maggioranza della classe operaia che è sana, che non è fatta di scioperanti ad oltranza, di assenteisti, di fannulloni, ma di persone serie, lavoratori che vogliono dimostrare ai colleghi del nord che qui da noi ci sono eccellenza e produttività “. Qualche voce discordante c’è stata; oltre alla FIOM-CGIL che resta pur sempre il sindacato con maggiore forza di rappresentanza. Bersani, segretario del Pd, sempre molto timidamente ha voluto affermare che “Adesso bisogna fare in modo, e lo dico in particolare al governo, che questa vicenda eccezionale non prenda il carattere di esemplarità “. L’IdV con il suo leader Di Pietro: L’Italia dei Valori dalla parte degli operai e dei loro diritti”.
Alla fine, però, l’accordo (separato) c’è e si farà perchè così hanno deciso e questo è un Paese che deve solo subire.
Gianni Tortoriello
Â