La Storia ha spesso relegato le donne in posizioni di assoluta marginalità rispetto al peso che hanno avuto nella politica, nella società, nelle scienze, nelle arti. Nonostante questo, ci sono state donne, di cui per lungo tempo abbiamo ignorato l’esistenza, che hanno lasciato la loro impronta nella vicenda umana e sebbene misconosciute, una traccia di loro è restata, traccia sufficiente a che oggi possiamo seguirne i passi e approfondire la vita e le opere, fino a mettere sotto i riflettori ciò che per secoli è restato in ombra.
Abbiamo raccontato in questa rubrica le donne “medichesse” della Scuola Medica Salernitana, la pittrice Artemisia Gentileschi e vogliamo proseguire il nostro percorso fissando l’attenzione sulla figura di Ipazia d’Alessandria, scienziata (matematica e astronoma) e filosofa greca, ancora oggi un simbolo della libertà di pensiero, nata tra il 355 e il 370 (incerta la data della nascita) e uccisa più di 1600 anni fa dalla mano di fanatici religiosi.
Come figlia del filosofo Teone, ebbe accesso fin da giovanissima alla ricchissima e famosa Biblioteca d’Alessandria, da cui trasse una straordinaria formazione intellettuale che unita al suo talento la rese una delle figure più rappresentative della cultura dell’epoca, tanto da farla nominare Capo della Scuola Alessandrina. Purtroppo i suoi testi bruciarono nell’incendio della Biblioteca che distrusse un ingente patrimonio culturale, ma sappiamo di lei, delle sue idee e dei suoi successi dai testi di contemporanei e autori immediatamente successivi che ne esaltarono le qualità.
Pare che tra i suoi studi di astronomia si facesse strada la superazione dell’idea tolemaica secondo la quale la Terra si trovava al centro dell’universo e che durante le sue ricerche avesse inventato molti strumenti atti a studiare il cielo e le stelle, come l’astrolabio, il planisfero, e altri che per secoli furono usati dagli scienziati senza che ne fosse riconosciuta la paternità a Ipazia. Inventò anche l’idroscopio per misurare il peso specifico dei liquidi.
Il prestigio raggiunto con i suoi studi la portò a insegnare nel Museo di Alessandria, l’istituzione culturale più importante dei suoi tempi, a studenti e studiosi che venivano da ogni parte solo per ascoltarla. Nelle sue affollate lezioni spesso leggeva le pagine dei classici che aveva tradotto, divulgando un’idea della cultura estremamente dinamica, dove scienze, letteratura e arte si fondevano in un unico sapere.
Nella Scuola d’Alessandria inoltre venivano portati avanti allo stesso tempo gli interessi teorici e quelli pratici, anticipando le connessioni tra scienza e tecnica dell’epoca moderna. Le idee venivano formulate, discusse e comprovate in un clima di assoluta libertà di pensiero che rifiutava ogni dogmatismo; il risultato fu un avanzamento delle conoscenze che diede frutto nel tempo fino a esplodere nella cultura del Rinascimento. Ne siano esempio le scoperte riguardanti, oltre che gli studi degli astri e della struttura del sistema solare, la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l’algebra, il calcolo infinitesimale.
Ipazia, esperta delle scienze matematiche, secondo la concezione platonica, approdò alla filosofia, come termine più alto di ogni dialettica di pensiero, in un percorso che allora, senza divisione tra le varie branche del sapere, era quasi inevitabile.
Altra straordinaria qualità di Ipazia era la sua volontà di insegnare pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla. Dobbiamo immaginarla percorrere le strade e piazze di Alessandria alla ricerca di un pubblico che fosse sensibile alle sue parole, con audacia incredibile, sfidando le convenzioni stabilite, in quel IV secolo in cui nella città erano appena stati demoliti, dal furore iconoclasta dei vescovo cattolico Teofilo, i Templi dell’antica religione grecoromana. Lo scopo era cancellare anche il ricordo della vecchia religione a cui Ipazia apparteneva, non essendosi mai convertita al cristianesimo. Per una donna e scienziata come lei, che aveva fondato tutta la sua vita sulla libertà di pensiero, era inaccettabile una religione cristiana che veniva praticata all’insegna del dogmatismo e che assegnava alla donna un ruolo marginale nella società, le imponeva di girare col velo e di restare segregata a casa in posizione di subordinazione all’autorità maschile.
Tanto meno poteva esserle riconosciuto il diritto al prestigio cui i suoi studi l’avevano consegnata, prestigio che non fu solo culturale, ma data la sua influenza sulla società dell’epoca, anche politico. La figura di Ipazia infatti era un simbolo per il movimento politico e culturale degli Elleni che in quel periodo sostenevano la grandezza della cultura greca.
In questo clima di scontro tra Elleni e Cristiani, dove i Cristiani miravano a cancellare ovunque le tracce dell’antica cultura di cui Ipazia era il faro, (in queste circostanze venne bruciata la Biblioteca di Alessandria) maturò il suo omicidio, nel marzo del 415 per mano di un gruppo di fanatici che l’aspettarono fuori casa, la catturarono, la trascinarono in chiesa e li la uccisero ferocemente smembrandone il corpo con dei cocci, dopo di che trasportarono i suoi resti nel grande inceneritore della città e lì la bruciarono, per cancellarne ogni traccia. Nonostante tutti dessero la responsabilità dell’omicidio come mandante al Vescovo Cirillo, questi fu assolto da ogni accusa nella successiva inchiesta. Dopo l’assassinio di Ipazia i suoi allievi abbandonarono la città e Alessandria perse definitivamente il suo ruolo di preminenza culturale.
Ma il nome di Ipazia non è finito in quel’inceneritore che ne ha distrutto il corpo.
Durante l’Illuminismo, molti autori hanno riportato a galla la sua memoria come martire di quella libertà di pensiero che tornava ad essere simbolo di un’epoca. Da allora viene ricordata come un’eroina della libertà e dell’indipendenza della donna, e come martire laica del pensiero scientifico contro ogni dogmatismo fondamentalista.
Ipazia ha ispirato romanzi, saggi, opere pittoriche, film, che ne hanno esaltato la vita e le idee.
L’UNESCO nel 2004, a Torino, ha creato il Centro Internazionale Donne e Scienza a lei intitolato per appoggiare lo studio, la ricerca e la formazione in particolare delle donne scienziate del Mediterraneo