Goran è scappato da una morte sicura in Croazia per cercare una speranza in Italia, prima a Udine e poi a Venezia, dove poi i fantasmi del passato torneranno a farsi vivi. È questo lo spunto da cui prende vita Io tra di voi, delicato omaggio al cantautore Charles Aznavour in scena al Teatro La giostra/Speranzella81.
Scritto a quattro mani da Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola, il testo è interpretato e diretto da Massimo Masiello, in cui le musiche di Aznavour fanno da contrappunto alle tragiche vicende nell’esecuzione di Mariano Bellopede, anche autore anche degli arrangiamenti.
Io tra di voi racconta il dolore della guerra, la speranza della rinascita, l’esperienza della migrazione, fenomeno purtroppo da millenni di perenne drammatica attualità, attraverso due storie, quella di fantasia del croato Goran, io narrante dello spettacolo, e quella invece reale di Charles Aznavour, la star francese di origini armene.
Scampato all’assedio di Vukovar in Slavonia, nell’autunno del 1991, il giovane croato Goran, appena quattordicenne, arriva con mezzi di fortuna in Italia, con un sogno nel cuore: cantare, così come faceva nella sua terra, insieme alla sua famiglia di artisti, purtroppo non scampata allo sterminio.
Ma lui, rifugiato politico, senza nemmeno le scarpe per camminare, comincia a lavorare prima nei campi, poi come cameriere, nelle case di ricchi borghesi, quindi in un ristorante, dove fa tanti incontri, con personaggi appartenenti a varia umanità.
La musica resta il suo sogno ed anche la sua ancora di salvezza, nelle sere in cui, da solo, racconta a se stesso la sua storia, gli orrori visti e vissuti, ma anche le piccole gioie.
Il suo mito, oggi, dopo oltre vent’anni, come allora, è un piccolo uomo, uno che ce l’ha fatta. Anche la famiglia di quest’uomo veniva da un paese martoriato dalla guerra civile, ma lui, grazie alla musica, ha riscattato le umiliazioni e il dolore, diventando il grande Charles Aznavour.
Attraverso le canzoni di Charles Aznavour, Io tra di voi prova a raccontare il dramma della guerra e dell’abbandono della terra natia. L’artista è il racconto vivente di un secolo di sofferenze, la partenza dei genitori dall’Armenia martoriata dal genocidio è lo scomodo antecedente della tragedia siriana odierna.
Ma è anche simbolo di speranza per qualche figlio di questi popoli, che, ferito, possa, poi, effettivamente farcela altrove, spesso lontanissimo dalla madre patria.