Alfred Jarry è stato poeta, scrittore e drammaturgo francese. È ritenuto il padre della patafisica. Nasce nel 1873 a Laval nella Mayenne, Pays de la Loire, in Francia da una famiglia della piccola borghesia di provincia. Muore a Parigi nel 1907. La sua poetica si basa sull’assurdità dell’esistenza, sul grottesco, sul comico. Si deve a lui il “teatro dell’assurdo”, anticipando drammaturghi come Samuel Beckett ed Eugène Ionesco che dell’assurdo hanno fatto la loro fortuna. Tra le sue opere maggiori vanno citate Ubu re (forse la maggiore, un dramma in cinque atti) del 1896, e Gesta e opinioni del dottor Faustroll, patafisico del 1898 (pubblicato postumo nel 1911). La prima è un caposaldo del teatro dell’assurdo, una pièce che ha come protagonista una marionetta inventata e costruita dallo stesso Jarry, affascinata dall’idea del potere e della gloria, del denaro, cinica: nell’immaginario del nostro rappresentava il piccolo borghese del suo tempo. Si distingue dalle opere dei suoi contemporanei per una sagace irriverenza contro ogni moralismo di convenienza e convenzioni linguistiche, deformando personaggi, cose e modelli teatrali sbrigativi e ripetitivi. Infatti, per fare un esempio pratico, se lasci cadere un sasso da un dirupo e poi un altro, i due prenderanno strade diverse e si fermeranno in luoghi diversi, tracciando soluzioni inimmaginabili e molteplici: soltanto per un’infinitesimale coincidenza percorreranno la stessa strada e si fermeranno nello stesso luogo. La sua arte influenzerà i suoi contemporanei, quali Picasso, Marinetti, il gruppo Dada, Breton, Duchamp, per fare qualche nome illustre, protagonisti dell’avanguardia del Novecento.
Jarry definì la Patafisica come: «… scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità». La mia prima domanda non può che partire da questo assunto.
Ma la scienza si basa sul principio dell’induzione, è disciplina!
Tutto questo non è esatto che il più delle volte, dipende da un punto di vista, ed è codificato secondo la comodità. Una cieca e inflessibile mancanza di disciplina in ogni tempo costituisce la vera forza di tutti gli uomini liberi.
Allora la patafisica è la scienza dei fatti accidentali che riducono ad eccezioni l’arte e la letteratura usando espressioni poco eccezionali che non disdegnano il nonsense, l’ironia, l’assurdo e il paradosso? È anarchia?
È un postulato, un punto di vista dei sensi. Per farmi comprendere meglio, le faccio un esempio. Perché ognuno afferma che la forma di un orologio è rotonda, il che è manifestamente falso, dato che di profilo si vede una figura rettangolare stretta, per tre quarti ellittica, e perché diavolo si è notata la sua forma solo nel momento in cui si guarda l’ora?
Forse per utilità delle certezze?
Allora perché lo stesso bambino che disegna l’orologio rotondo, disegna anche la casa quadrata, secondo la facciata? Evidentemente senza alcuna ragione; perché è raro, se non in campagna, che egli veda un edificio isolato, e in una strada anche le facciate appaiono come trapezi molto obliqui. Occorre dunque necessariamente ammettere che il volgo (contando i bambini e le donne) è troppo grossolano per capire le figure ellittiche, e che i suoi membri si accordano nel consenso detto universale perché non percepiscono che le curve con un solo fuoco, essendo più facile coincidere in un punto che in due.
La patafisica come descrizione di un mondo inquietante e assurdo? O c’è dell’altro?
C’è questo che dice lei e c’è la dimostrazione che è possibile sostenere due tesi antagoniste allo stesso tempo e il loro contrario. È una sfida, è una provocazione che alla fine diventa dramma o provocatoriamente paradossale. Ma il tutto non viene per caso o per qualche formula particolare ma dalla difficoltà della comunicazione passiva del linguaggio.
Ma in definitiva, quale lezione può impartire ad una società basata su false certezze come quella di oggi?
Studiare il particolare e le eccezioni e spiegare l’universo supplementare al nostro. D’altronde letteralmente patafisica significa ciò che è vicino a ciò che è dopo la fisica, cioè la metafisica.
Cioè mantenere la tradizione dell’infinito e le sue regole? Ma la patafisica non infrange le regole?
No, mancanza di disciplina, in quanto Dio è la strada più breve tra lo zero e l’infinito, in una direzione o nell’altra. D’altronde una cieca e inflessibile mancanza di disciplina in ogni tempo costituisce la vera forza di tutti gli uomini liberi. Come si può pensare di mantenere una tradizione anche valida, se essa significa atrofizzare il pensiero che si trasforma nella durata? Ed è insensato voler esprimere sentimenti nuovi in una forma “conservata”.
Yeats ha scritto che «La rivolta contro il razionalismo settecentesco si è fusa con la rivolta contro il materialismo dell’Ottocento; e il movimento simbolista, che ha raggiunto la sua pienezza in Germania con Wagner, in Inghilterra con i preraffaelliti, in Francia con Villiers de l’Isle-Adam, con Mallarmé e con Maeterlinck, e ha mosso l’immaginazione di Ibsen e di D’Annunzio, è indubbiamente l’unico movimento che dica cose nuove». A quanto pare anche lei si è mosso sulle tracce dei pensatori simbolisti. Quali peculiarità ha il suo simbolismo?
La necessità di liberarsi dagli schemi astratti, dai pregiudizi, penetrare all’interno delle cose con una intuizione creativa dell’esistenza che si contrappone alla concezione positivista: è la stessa filosofia di altri simbolisti. Se proprio dovessi trovarvi una differenza, direi che esprima una più profonda verità vissuta delle cose. Si vede bene che l’umanità non se ne serva spesso. Mi sembra ancor di più nella realtà di oggi dove ogni cosa è uguale a se stessa nel più disastroso appiattimento.
Parliamo un po’ del suo teatro. Ricordiamo che Ubu Re è stato uno dei testi fondamentali del teatro. Come nascono le trame, i personaggi?
Mi piace trattare l’assurdità dell’esistenza, dilettandomi tra il grottesco e il fraintendimento. Ma mi prende pure la disperazione di Pigmalione, che avrebbe voluto creare una statua e fece soltanto una donna!
Ci vuole coraggio, però, e consenso.
Ci vuole una forza senza pregiudizi, in quanto il coraggio è uno stato di calma e di tranquillità in presenza di un pericolo, stato rigorosamente simile a quello in cui si è quando non c’è pericolo. Non di meno va trascurato il consenso: un consenso è un pregiudizio.
Una sua opera s’intitola L’amore assoluto. Qualche suo pensiero sull’amore?
L’amore è un atto senza importanza, dal momento che si può farlo all’infinito.