Insigne e il tormentone dell’addio al Napoli è più che altro diventato, ormai, una specie di romanzo d’appendice o un feuilleton da Belle Époque che stride con il mondo del calcio moderno e con la commercializzazione di quelle che una volta si definivano, alla Brera, bandiere.
Il calciomercato di gennaio nel nostro Paese è sempre un momento strano e quasi surreale. Tutti sanno che è un momento in cui affari non se ne fanno perché chi ha bravi calciatori se li tiene. Chi non ne ha e ne cerca disperatamente alla fine finisce per approdare, però, solo a nomi di rincalzo o calciatori in saldi.
Quest’anno il caso da sbandierare è quello di Lorenzo Insigne, napoletano dell’immediata provincia e capitano del Napoli. “Lorenziño”, come affettuosamente è soprannominato il talentuoso attaccante partenopeo è uno che la sua carriera, tranne una parentesi di gioventù tra Pescara, Foggia e Cava dei Tirreni, l’ha vissuta tutta a Napoli fra primavera e prima squadra.
E’ senza dubbio il nome più conosciuto del club del presidente De Laurentiis anche perché le sue gesta perfino in nazionale hanno avuto sempre grande risonanza essendo ormai il detentore del marchio ufficiale del “tiroaggiro” doc. Oggi Insigne è un calciatore maturo, non più il giovanotto di belle speranze di qualche anno fa e a trent’anni suonati, probabilmente, vede il mondo in maniera diversa.
Insigne e il tormentone dell’addio al Napoli. Lo aspetta Toronto?
Dovrebbe, dunque, lasciare le natìe sponde per trasferirsi – a detta dei bene informati – in Canada per giocare nella MLS americana. Diciamocelo chiaramente: tutto un altro calcio che non c’entra nulla con l’agonismo nostrano e la spasmodica ansia della Serie A che fa tutt’uno con il modo tutto adrenalinico di vivere il calcio a Napoli.
Apriti cielo! Ovviamente, schiere di puritani censori già pontificano su questa operazione e neanche è ufficiale. Inutile chiedere equilibrio ad un mondo come quello del pallone che ne è sprovvisto già nel profondo del proprio DNA. Il palcoscenico partenopeo non fa altro che diventare cassa di risonanza di quel chiacchiericcio fastidiosissimo che si innesta a uso e consumo di copie da vendere e click da catturare in ogni modo.
Siamo stati, siamo e saremo non estimatori o sportivi ma veri e propri tifosi del Napoli senza nasconderci e sbandierandolo con orgoglio. In virtù di ciò vorremmo fare insieme a voi lettori alcune considerazioni che esulano dal tifo vero e proprio e che cerchino invece di capire la situazione. Il Napoli su tutto è e resterà sempre al di sopra di tutte le beghe. I calciatori vanno e vengono la maglia resta e non è retorica.
I partiti del si e del no
La divisione in partiti dove si trovano da un lato quelli che danno torto al calciatore e dall’altro quelli che danno torto alla società, perché poi sempre colpa del presidente è che non si svena no? Questo manicheismo non ci convince e non trova in noi nessuna simpatia. Siamo sempre convinti che in un matrimonio, sportivo non solo ma soprattutto, si deve stare bene insieme altrimenti è la fine.
I fatti: abbiamo un calciatore di trenta anni cui arriva un’offerta da una squadra che, ancorché non blasonata, mette sul tavolo un contratto molto ricco. Circa 9.5 mln annui netti più bonus per una durata quinquennale non sono una semplice offerta ma un elemento di convinzione molto profondo nei confronti di un uomo che si trova sul crinale finale di carriera.
Un calciatore che a Napoli ha dato tanto e ricevuto molto, anche se non sempre c’è stato bun sangue con la tifoseria ma qui il “nemo propheta in patria” calza a pennello. Un ragazzo che si è tolto lo sfizio di arrivare in nazionale e vincere un campionato europeo e parteciperà molto probabilmente anche al prossimo mondiale.
Una carriera, quella fatta, che finora non lo ha portato allo scudetto (ma a giugno si vedrà) ma gli ha dato due Coppa Italia e una Supercoppa Italiana con il Napoli oltre agli allori con la maglia azzurra numero 10 della Nazionale di Mancini. Carriera di tutto rispetto e la soddisfazione di averla fatta tutta nel Napoli di cui è il primo tifoso.
Una nuova vita all’orizzonte?
Nell’immediato passato è stato un’altra bandiera del Napoli contemporaneo a fare una scelta di vita che lo ha portato via da Napoli, stiamo parlando di Marek Hamšík attratto dalle sirene cinesi ed ora tornato nella vecchia Europa a giocare. Sono scelte di vita e non possono e debbono essere giudicate.
Riva, Mazzola, Chinaglia, Juliano, Bulgarelli, Antognoni, Totti, Del Piero, Maradona, solo per citare a memoria i primi che nomi che sovvengono, sono personaggi del passato; di un calcio che non esiste più. Quello in cui la maglia era cucita addosso ed i colori del club dipingevano la pelle di chi li indossava. Forse, addirittura, è giusto che sia così e che oggi questo calcio non rispecchi più quei sentimenti.
Una cosa è certa: qualsiasi scelta faccia Lorenzo Insigne (tranne migrare in una di quelle squadre a strisce del nord Italia, si scherza ovviamente n.d.r.) va rispettata perché è una scelta di vita di un uomo ancor prima del calciatore. Perderemo un calciatore validissimo? Lo perderà il Napoli e il calcio italiano? Pazienza, non è il primo e non sarà l’ultimo ma il rispetto per lui è fondamentale.
Non ce ne volere, Lorenzo, morto un Papa se ne fa sempre un altro.