Ritrovati inquinanti sui ghiacciai italiani. La notizia del ritrovamento di microplastiche e pesticidi su molti ghiacciai alpini, dal Piemonte all’Alto Adige, ha suscitato un gran clamore. Uno studio, svolto in collaborazione tra Isac-Cnr e Arpa Valle d’Aosta e pubblicato agli inizi del 2019, ci mostra come arrivano questi inquinanti possono essere trasportati in quota e a grande distanza partendo da zone caratterizzate da fonti emissive rilevanti, quali la Pianura Padana.
Inquinanti sui ghiacciai: l’esperimento
Dal 2015 al 2018, un lidar (radar laser) è stato impiegato per rilevare le concentrazioni del particolato atmosferico, comunemente chiamiamo PM, nel cielo sopra Aosta. Questi dati sono stati in seguito analizzati confrontandoli con modelli che simulano il trasporto e la trasformazione degli inquinanti in atmosfera e con altre misure ‘standard’ effettuate a terra dalle nostre agenzie ambientali. I risultati sono rivelatori: quasi ogni due giorni ‘ondate’ d’aria risalgono dalla Pianura lungo le valli, portando con sé gas e particolato che si sommano ai (pochi) inquinanti locali. Durante l’inverno queste ‘onde’ sono meno frequenti e più schiacciate; ad Aosta raggiungono al massimo i 2000 metri di quota.
Tra maggio e ottobre la maggior disponibilità di energia termica le fa crescere, portandole a superare i 3000 metri nel 20% dei casi, e i 4000 metri nel 5%: ecco, quindi, come in meno di 48 ore l’aria carica di inquinanti della Pianura Padana può – in media 30 volte l’anno – raggiungere e depositarsi sui ghiacciai ‘incontaminati’ a 3-4000 metri di quota. Se il ritrovamento di inquinanti sui ghiacciai alpini non può quindi sorprenderci, il fatto deve tuttavia stimolarci sempre di più a ridurre le nostre emissioni nocive e i nostri consumi, perché gli effetti negativi dello sviluppo sono oramai evidenti anche nei luoghi più remoti del nostro Paese, e del pianeta.