Nei mesi del lockdown il governo ha incentivato le aziende che erano nelle possibilità a riorganizzare il proprio lavoro in forma smart working, lavoro a distanza e telelavoro. Questo tipo di organizzazione ha permesso di portare avanti le attività lavorative e al tempo stesso di ridurre il rischio di contagio tra i lavoratori. Ora che ci troviamo nel mezzo della seconda ondata dell’epidemia, le aziende sono nuovamente incoraggiate a proporre lo smart working soprattutto per i cosiddetti lavoratori fragili. Con questo accenno al quadro congiunturale si apre il messaggio n. 3653 del 9 ottobre dell’Inps che precisa la sua posizione circa la quarantena in quanto non assimilabile alla malattia.
Il Decreto Cura Italia
Il Decreto Cura Italia (Dpcm n. 18 del 17 marzo 2020) aveva equiparato la quarantena alla malattia riconoscendo al lavoratore avente diritto alla copertura previdenziale, sia la contribuzione figurativa, sia l’integrazione retributiva da parte del datore di lavoro. A tal fine, il lavoratore era tenuto a produrre un certificato medico con il provvedimento dell’operatore di sanità pubblica. Con questo messaggio, quindi, l’Inps fa un passo indietro, rispetto a quella normativa, distinguendo i casi nei quali può essere riconosciuta la malattia e quelli nei quali non si ha diritto.
Inps: quando la quarantena non è malattia
La quarantena può essere considerata malattia quando:
- è decretata dall’Asl. La prassi, infatti, vuole che quando un individuo entra in contatto con un soggetto positivo al Covid, debba avvisare il suo medico curante e questi allerta l’Asl. Quest’ultima, poi, decreta la necessità per il soggetto di osservare un periodo di quarantena.
L’isolamento a casa non può essere considerato malattia quando:
- è decretata da un Comune o una Regione. Questo avviene quando si istituiscono zone rosse locali;
- quando i lavoratori cosiddetti “fragili” concordano con il proprio datore di lavoro la modalità dello smart working. Usufruiranno dell’indennità di malattia solo in caso di malattia conclamata;
- quando il lavoratore percepisce la Cassa Integrazione sia ordinaria, che straordinaria, in deroga o il contributo dei fondi di solidarietà. In questo caso lo strumento di integrazione salariale, la cassa integrazione appunto, prevale sulla corresponsione della malattia. Bisogna poi considerare che la cassa integrazione interrompe il rapporto di lavoro per cui si rende impossibile farsi riconoscere la malattia.
Un passo indietro?
E’ chiaro che questo messaggio rappresenta un modo per l’Ente di mettere le mani avanti su eventuali prossimi provvedimenti. Nonostante il governo non faccia che rassicurare in merito, lo spettro di un nuovo lockdown incombe. Se sarà necessario, si istituiranno piccole zone rosse in comuni o regioni. In questo caso i lavoratori non potranno recarsi sul luogo di lavoro. Ove mai questo accadesse, lo abbiamo visto, l’isolamento non sarà oggetto della corresponsione della malattia e l’Inps potrà dormire sonni tranquilli. L’Ente accetterà solo le decisioni della Sanità pubblica.
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