In un mondo in cui l’impresa è in continua evoluzione l’approccio multidisciplinare e l’innovazione tecnologica sono diventati dei perni efficaci per creare un circolo virtuoso che spesso fa la differenza. Ma non è sufficiente. Oggi è ancor più necessario considerare che dietro ad ogni attività ci sono le persone che gestiscono dinamiche complesse che mettono le loro capacità e conoscenze al servizio di un obiettivo che non sempre viene soddisfatto.
Non a caso il management è fatto di uomini e donne che – considerato il grande potere decisionale detenuto e la grande responsabilità – deve necessariamente saper trasmettere un grande senso di equilibrio attraverso azioni positive e consapevoli, rafforzando l’identità personale e collettiva. Un valore aggiunto importantissimo, non sempre alla portata di tutti.
Insomma, l’impresa deve saper parlare di innovazione anche attraverso una visione umanista, per usare un termine citato spesso dal “re del cashmere” Brunello Cucinelli, riportando al centro quel senso collaborativo di unione di intenti che tenga conto della dignità delle persone; valori che non possiamo più declinare. I risultati di un’azienda si vedono sempre più spesso anche attraverso queste dinamiche virtuose che – è ormai appurato – portano risultati vantaggiosi sia in termini umani che di performance professionale e di conseguenza anche nella sfera economica.
Abbiamo chiesto a Paolo Baiocchi, medico psichiatra e psicoterapeuta, direttore dell’ Istituto Gestalt Trieste di parlarci della suo corso di formazione Gestalt Empowerment, adottato anche come strumento innovativo per le aziende. Un percorso sul quale Baiocchi ha scritto anche un vero e proprio manuale.
Lei definisce questo percorso rivoluzionario e d’innovazione, perchè?
Il Gestalt Empowerment non è nato come modello per le aziende. E’ nato per aiutare la gente, il popolo. Nel mio Istituto, l’Istituto Gestalt di Trieste, promuovemmo molte attività dove la gente poteva aiutarsi reciprocamente. E avemmo molto successo. Le persone che usavano il metodo sviluppavano il potere di calmare le emozioni, darsi obiettivi, raggiungerli e collaborare creativamente e positivamente. Pensai allora di formare facilitatori che diffondessero questo strumento d’innovazione in modo che chiunque potesse potenziarsi e liberare la mente dai condizionamenti. Per questo lo definii rivoluzionario, nel senso della rivoluzione della coscienza civile e politica. Era concepito per essere diffuso a prezzi irrisori, per poter essere accessibile praticamente a tutti.
Il modello si diffuse in Italia, poi in Chile e in Messico. Il Manuale è stato infatti tradotto allo spagnolo.
Se non fosse stato per il Covid 19 avrei dovuto iniziare la prima formazione in Spagna proprio in questi giorni…
Nel tempo però notammo che, pur funzionando eccellentemente, non era facile per i facilitatori formati al metodo trovare persone interessate ad apprenderlo!
Non ci fu chiaro subito il perché: scoprimmo a poco a poco quanto le persone siano riluttanti a mettersi in gioco in un gruppo di estranei. Ci rendemmo così conto che questa prima concezione del metodo, rivoluzionaria appunto, faceva difficoltà ad attecchire…
Successe poi un fenomeno inaspettato.
Una fondazione del Liechtenstein ci finanziò un progetto triennale, che si basava sul Gestalt Empowerment, di sostegno ai disoccupati di due regioni italiane. Ma ci impose una clausola: avremmo dovuto trovare una pari somma di danaro come donazione da parte di altri enti, fondazioni o aziende. Sembrava una missione disperata, in quanto si trattava di un progetto veramente ambizioso.
Mi misi quindi alla ricerca di imprenditori generosi per ottenere questa gratuità.
Il titolare di una azienda, la FORA di Parma, incredibilmente rispose all’appello, chiedendoci in cambio di insegnare il metodo ai dipendenti dell’azienda. Ricevemmo inoltre un grande sostegno in termini di visibilità grazie al generosissimo lavoro dell’attore e scrittore Jacopo Fo e di altri artisti.
Ma si verificò un altro evento inaspettato. I manager di Fora gradirono così tanto la formazione al Gestalt Empowerment da voler continuare anche dopo il periodo legato al finanziamento. In quegli anni mi resi conto che il metodo funzionava al massimo della sua potenzialità con persone che già collaboravano all’interno di un progetto comune. La notizia dell’efficacia del metodo si diffuse e altre due aziende di grande rilievo nazionale mi chiesero la formazione triennale.
Coinvolgere le persone sia dal punto di vista professionale che personale è l’obiettivo principale?
Lo scopo principale del Gestalt Empowerment? La moltiplicazione dei punti di vista. Ogni individuo vede la realtà da un certo angle. Fa parte della natura umana avere una sorta di paraocchi, dato dalle nostre credenze e limiti, che ci permette di vedere alcuni aspetti a discapito di altri. Succede a tutti, indiscriminatamente.
Ha presente il famoso detto “perdersi in un bicchiere d’acqua”?
Beh, se si mettono insieme più menti questo fenomeno si riduce drasticamente, spesso generando risultati di grande efficacia, bellezza ed entusiasmo. Niente è più potente di una squadra di persone affiatate che moltiplica il valore degli individui. Si potrebbe dire che in questo caso 1 + 1 da somma 3!
Così è nata la Apple, così i Beatles ottennero il successo. Ha visto cosa accadde quando si Beatles si separarono? Non riuscirono individualmente a raggiungere neppure un decimo del successo che svilupparono quanto erano uniti.
1 + 1 da somma 3!
Attraverso la moltiplicazione dei punti di vista diventa possibile raffinare di continuo procedure sempre più efficaci che possono essere poi messe in operatività.
Molte formazioni aziendali si concentrano sul formare i singoli individui e dotarli di maggiori competenze. Non è sbagliato, ma spesso non è utile. I manager sono già, come si dice, super skillati, cioè ad altissimo profilo di competenza: si tratta di promuovere invece lo sviluppo della creatività e l’efficacia del team. L’unione fa la forza!
A quali figure professionali si rivolge e quanto può durare un corso?
Nel tempo scoprimmo che il Gestalt Empowerment funziona alla massima potenza nelle aziende e nei progetti a tema.
Perché?
Perché in entrambi i casi si persegue un obiettivo comune. Non si chiede all’individuo di cambiare e di potenziarsi, ma di raggiungere uno scopo esterno collaborando con i propri pari nel team.
Oggi ritengo che il Gestalt Empowerment sia uno degli strumenti di maggior efficacia per le aziende. Ne beneficiano in primo luogo i top manager. Coloro che cioè devono progettare e coordinare squadre di uomini al lavoro, risolvere problemi in modo sempre più efficace e soprattutto creare soluzioni innovative in un mondo che cambia in modo sempre più frenetico.
Pensi adesso alla situazione legata al Covid-19. Le aziende devono riuscire a creare degli adattamenti creativi in tempi super rapidi, altrimenti rischiano e di grosso…
Una considerazione importante: come dicevo il Gestalt Empowerment funziona in prima istanza con il vertice aziendale. Ma non si tratta di fermarsi in questo livello. Gli apprendimenti dei manager sono la leva che permette di espandere l’uso del metodo verso la base della piramide aziendale.
Che tipo di aziende hanno adottato con successo dell’innovazione di Gestalt Empowerment?
Per adesso lo abbiamo utilizzato con successo in tre grandi aziende italiane: Fora di Parma che lavora nel settore sanitario, Consorzio Agrario del Friuli Venezia Giulia e di Belluno e Treviso che gestisce il settore agricolo di queste due regioni e Colomba Bianca, azienda siciliana che produce e commercializza vino in tutto il mondo.
Non ci sono indicazioni specifiche relative al settore: il “tavolo” di ogni azienda deve riuscire a massimizzare i risultati del lavoro minimizzando i costi e le risorse in gioco per raggiungerli. Questo si ottiene con un processo di raffinamento continuo delle strategie di successo che permettono di portare a termine i progetti aziendali.
Unire le menti per tale opera di miglioramento costante si può fare in qualsiasi azienda.
Cosa si sente di dire a quelle aziende o a quei manager che evitano accuratamente di rimettere in gioco le proprie azioni umane e professionali attraverso un modello così d’innovazione ed efficace?
Mi sento di dire che li comprendo. Spesso le formazioni aziendali vengono vissute dai manager come una perdita di tempo. Nella loro deadline li aspettano innumerevoli compiti e progetti e hanno già sperimentato formazioni che non hanno prodotto risultati evidenti.
In questi anni la psicologia ha cercato di far cambiare le menti dei manager. Sono stati gli anni della PNL, (neuro-linguistic programming).
L’idea era migliorare le prestazioni di eccellenza dei singoli. Tale scopo però richiede molto più delle formazioni compiute in poche giornate. Gli interventi brevi spesso si traducono in una fiammata di entusiasmo che non lascia nessun risultato reale.
Io non credo di questo modello di formazione.
Ritengo che bisogni aiutare in primo luogo i manager a migliorare le proprie strategie di funzionamento professionale, non mentale.
Poi, ha mai visto un atleta di successo che ha fatto un percorso di allenamento che dura un weekend o una settimana o ancor peggio un giorno?
La formazione e l’innovazione che io propongo dura tre anni. E’ composta da dieci incontri annuali di 8 ore, video lezioni formative, 60 ore di coaching on line per sostenere l’implementazione degli apprendimenti nella vita aziendale, partecipazione a corsi residenziali di due-quattro giorni.