La riforma della scuola va a regime per quel che riguarda l’insegnamento della lingua inglese. Una circolare del Miur spiega infatti che dal prossimo anno scolastico materie come storia dell’arte, geografia, scienze, filosofia e matematica potranno essere insegnate in una lingua straniera negli ultimi anni dei licei e in lingua inglese nelle classi finali degli istituti tecnici per una parte del monte ore stabilito per ciascuna disciplina.
Il Miur spiega che l’obiettivo è arrivare a coprire il 50% delle ore in tutti gli indirizzi ma ciò avverrà gradualmente e con un’organizzazione flessibile, in considerazione delle diverse necessità delle singole scuole. Un altro passo in avanti, dunque, nella direzione dell’integrazione europea e non solo. La metodologia adoperata non è nuova : è già in uso da un ventennio in molti Paesi europei mentre in Italia è già stata adoperata da molte scuole mediante percorsi sperimentali. Parliamo del Clil (Content and Language Integrated Learning), un approccio alla conoscenza linguistica che è frutto, nel nostro Paese, dei profondi mutamenti introdotti dai d.p.r. 88/2010 e 89/2010 attuativi della Riforma della Scuola Secondaria di secondo grado. Ab origine tali norme prevedevano “l’insegnamento di una disciplina non linguistica (DNL) in una lingua straniera nell’ultimo anno dei Licei e degli Istituti Tecnici e di due discipline non linguistiche in lingua straniera nei Licei Linguistici”. È a partire dall’a.s. 2012-13 che è avvenuto l’introduzione del CLIL nel terzo anno dei Licei Linguistici.
Indubbiamente non è certo semplicissimo adattare studenti e insegnanti ad un percorso didattico che è già di per sé intenso e richiede un grado di preparazione adeguato da parte degli insegnanti. È vero, il Miur ha già da alcuni anni promosso reti di scuole e avviato percorsi di formazione ad hoc per i docenti, prevedendo anche l’affiancamento di assistenti madrelingua ma siamo sicuri che il sistema italiano reggerà all’impatto? Il raggiungimento del livello C1 della lingua inglese da parte degli insegnanti al quale si richiederà anche la padronanza di una specifica conoscenza metodologica non è certo una passeggiata. Inoltre molte sono le critiche verso una formazione complessa e sicuramente molto costosa che stride rispetto all’orientamento generale del governo di effettuare tagli alla spesa pubblica. Apprezzabile è invece lo sforzo delle istituzioni ad adeguarsi alle direttive di Bruxelles, in un contesto politico e sociale sempre più dinamico e multietnico, di far acquisire la conoscenza di almeno altre due lingue oltre alla propria.
Tra gli studenti c’è un certo entusiasmo, soprattutto per essere coinvolti in un progetto di cittadinanza europea ma anche la consapevolezza di dover fare uno sforzo in più nello studio e il timore di non avere ancora le basi adeguate per il salto di qualità loro richiesto. È quanto già emerso nel corso di uno studio effettuato dall’Osservatorio Nazionale Internazionalizzazione delle scuole e mobilità studentesca nel 2012, primo anno di sperimentazione del Clil.
L’insegnamento della disciplina non linguistica sara’ oggetto, nel prossimo anno scolastico, di valutazione anche durante l’Esame di Stato nell’ambito della terza prova scritta e della prova orale sulla base della programmazione del Consiglio di classe.