Informare a tutti i costi, questo il credo del vero giornalista. La notizia sopra tutto e sopra tutti, la deontologia oppure la commercializzazione? Sono dilemmi che chi fa questo mestiere si è trovato di fronte solo una volta nella propria carriera?
Nulla quaestio, il principio che se un giornalista viene a conoscenza di una notizia sia tenuto a divulgarla anche se quella porta con sé pro e contro di carattere morale e personale è cosa acclarata e pacifica.
L’ultima minaccia (Deadline – U.S.A.) 1952
«È la stampa, bellezza! La stampa! E tu non ci puoi far niente! Niente!»
Queste le parole usate ed abusate, decontestualizzate e – spesso – usate anche senza gran senso che Humphrey Bogart profferiva al telefono verso chi lo minacciava e con lui la stampa ed il diritto di cronaca e la libertà di parola. Era il 1952, niente social e l’informazione era fatta solo da professionisti che avevano piena responsabilità di ciò che scrivevano, non esisteva la corsa al clic ma quella a vendere copie di giornali in carta stampata; questione molto diversa da quella di oggi.
Purtroppo, noi viviamo quotidianamente le olimpiadi delle fake news e viviamo di scoop (!?) e scandaletti a go go per cui si ricama su tutto e qualsiasi cosa viene rigirata a proprio uso e consumo.
Informare a tutti i costi: il caso di Libero De Rienzo
Quello di Libero De Rienzo è solo l’ultimo caso di un’informazione deprivata di anima e dedita al rimestare nel torbido in ogni momento. Fatti zero, considerazioni in libera uscita a piacere e rispetto per le notizie ma, soprattutto per le persone, men che meno.
Una morte che ha colpito molto per la valenza pubblica e molto apprezzata di un artista di spessore superiore che, appena insignito del David ringrazia e dedica il premio alla Palestina con un accorato appello alla pace in quelle terre martoriate da anni di un sanguinoso conflitto, a sua volta iper-distorto da tanta parte dell’informazione.
Un Attore con l’iniziale maiuscola di un’umanità sopra la media che aveva diritto a vivere come meglio credeva, ma anche a morire allo stesso modo non meritando (ma non lo merita nessuno) che si facessero illazioni prima e proclami dopo sulla presenza di polvere bianca in casa sua.
Informare ad ogni costo riportando referti di medici legali, pezzi di conversazione via chat o sms con questa presunzione di avere la patente di sparare giudizi o indurre l’opinione pubblica a farlo celata dietro la tessera d’iscrizione all’ordine è un modo bieco d’intendere e svolgere questo mestiere così bello e così vituperato.
Libero De Rienzo aveva tutto il diritto di vivere e morire come meglio gli aggradava e non di essere fatto obiettivo di discorsi da sagrestia o, peggio, da peluquerìa isterica degna della peggiore imitazione del grandissimo Almodóvar.
L’uomo e l’artista sono due entità che ristagnano nello stesso corpo ma non sono soggette agli stessi ambiti: l’uno è privato e tale deve restare sempre, l’altro è pubblico quando sale su un palcoscenico o si muove in un set.
Di Savonarola ce n’è stato uno, basta e n’avanza!
Informare a tutti i costi, adelante con juicio
Torniamo a fare i cronisti, magari al servizio della notizia, della gente e non del politico o della procura di turno cavalcando onde giustizialiste che nulla hanno a che fare con chi di professione dovrebbe raccontare la realtà non ricamare. Il rispetto per le persone, per i familiari di vittime e per le vittime stesse dei fatti dovrebbe campeggiare alto su tutto.
Il buon giornalismo è quello che racconta ‘asetticamente’ la realtà, la porta ai lettori e dà loro la possibilità di sviluppare senso critico e formare le proprie idee. Bacchettoni, “gesuiti”, quaquaraquà non dovrebbero albergare negli elenchi di chi svolge professionalmente questo mestiere.
Lasciamo ai blog ed ai social il ruolo di comari e crocchie, noi siamo cronisti, giornalisti con una deontologia e regole morali; smettiamola di svendere e svilire il nostro ruolo, ritorniamo a volare alto fieri come aquile e non come gabbiani che si lanciano a capofitto nelle discariche pur di raccattare qualcosa da mangiare.